Photo Credit: Alessandra Capodacqua

Riannodare fili

In Creativity by Elisa Biagini

Photo Credit: Alessandra Capodacqua

Photo Credit: Alessandra Capodacqua

“Nulla è sicuro, ma scrivi”
(Franco Fortini)

Riannodare fili: ecco cosa fanno i sei poeti di questa breve antologia attraverso il confronto con i versi di alcune fra le più importanti voci della tradizione lirica italiana. Cercano il bandolo della matassa della lingua, si annodano nelle immagini, cercano un dialogo con gli assenti e i presenti, si fanno parte di un coro, di un tessuto di storie e di Storia.
Elisa Biagini

Massimo Vezzosi si è occupato di arte antica come studioso e mercante prima a San Gimignano, poi a Firenze. Nel 2017, Grani per Giuliano Ladolfi Editore, una raccolta scritta anni prima e rivista in occasione della stampa. Negli ultimi 5 anni ha lavorato al compimento di Sanno un luogo le vene, testo ora in complicata attesa di un editore. Da qualche anno vive a Pistoia con i due amatissimi gatti Buio e Pitù.

 

“Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.”

Eugenio Montale
da: La casa dei doganieri

          e tu lo sai di questo vischio grigioverde
che esonda ore tarlate
da saracinesche d’aria sporca
abbassate con ultimi rumori
spogliando echi sempre più distanti:
della buccia
traslucida appoggiata contro i muri e sui vetri.
in quel denso di fatica
profili emergono incamminati
nell’aria di chi va,
e profughi dalle scarne bocche diroccate
tornano alla presenza commossa del corpo: lì,
al tavolo di cucina, seduta
ti toccano sul fianco che appena respira

 

(controluce
il profilo raccolto dei capelli
assorbe calore di lampadina. massi freddi gli occhi
semisommersi lungo le rive della tovaglia: macchie oleose d’astri,
di un’orbita spersa, pazientemente raschiate con la spugna traspaiono sbiadite.
estranee – sole –
le mani vanno a memoria:
qualcosa ricordano, scende lungo l’angolo dei gradi
penetra e scurisce. metri sotto il suo tremare, verso un deposito notturno un tram
schiaccia lo stridere giallo dei neon contro lo spessore dei vetri…)

 

*

 

“Tu sei come una terra
che nessuno ha mai detto”

Cesare Pavese

 

tu dici una voce di terra distesa.

davanti alle labbra stendi una notte
così che nessuno trovi il filo del tuo corpo estraendoti vivo
da sotto le pietre, sotto le acque.
dentro macchie di rovi tu inventi le ore,
dove duole e fa tempesta soffi cenere di salice e betulla.

arreso, arato, senti le parole scavare la tua terra,
dicono
ruggine raggio vigna montagna il fresco dell’acqua, persino stella
e un nome che forse è il tuo e nessuno,
nessuno aveva detto: e
dal fondo tutto quello che ci nasce dentro.

tu senti il peso,
dici i colori a memoria, dici corteccia, il suono di una formica
che cade da una foglia.
senti il lento incrinarsi
di quella poca emozione nel trovare l’orma verso la porta,
l’ansa celata di una chiara valle.

ancora dici una voce di terra distesa, e ancora.

ti specchia un cielo dove nemmeno sorge il silenzio.

 

*

 

“Dimenticate, o figli……… dimenticate i padri”

Salvatore Quasimodo
da Uomo del mio tempo

 

e mentre io vado da un’altra porta guardi dal predellino del treno,
c’è nebbia, forse intravedo le tue scapole:

un prodigio doveva esserci,
quando la tua giacca era il giro del mondo: appena
il colore un ricordo
a vagare dalla scatola di sparuti magri
compagni, ognuno
gli occhi voltati contro le pareti: là una stanza
che non abbiamo abitato, l’odore di naftalina
da cassetti dimenticati aperti dove una piccola piuma si conserva.

tu di niente e di fuoco mi tieni
coi tuoi vecchi denti, dal niente dei muri
di casa una soglia l’orto a sera sotto una pioggia lenta l’ora
di tramonto, tenti incursioni: sbieco
insisti dov’è
silenzio, contro porte e finestre chiuse saldamente.
da un orlo, una foto, la parabola breve di una favilla mi piego
a esumare scaglie che mi si sono staccate di dosso.

e, se nel cavo di mani che mi cerco sotto i guanti
nella poca luce che va scemando,
in un nido un tuffo nelle labbra qualcosa accoccolato una lunga fila
di binari, di te nebbia io che mi sforzo, se è conca
tenera dove sgocci ma non raccoglie,
se non ricordo… non ricordo… io non ti ricordo – sto,
dove cascate scrosciano schegge e
il ponte teso infiamma           – a picco.

 

*

 

Marco Simonelli è nato nel 1979 a Firenze, dove vive. Il suo ultimo libro di poesia è Le buone maniere (Valigie rosse, 2018). Il suo sito www.marcosimonelli.net

Io te seguendo vo per ogni calle
Giuseppe Parini

 

Per vicoli. Per strade. Lungo il viale.
Attraverso la piazza e il lungomare.
Oltre il centro. Nell’area pedonale.
Ovunque tu decida di passare.
Nei solitari androni e per le scale.
Da quella porta che non puoi sprangare.
Fino in camera. Presso il tuo guanciale.
Sarò dietro di te. Non dubitare.

 

*

 

E la mesta armonia che lo governa
Ugo Foscolo

 

Con i denti ingialliti sul sorriso
e la forfora a scaglie fra i capelli.
Un po’ di barba sfatta lungo il viso.
Unghie smangiate fino ai polpastrelli.
Lasciarsi andare, sì, a brano a brano.
Sgretolarsi arrancando con affanno.
Ripetendo con ritmo quotidiano
che prima o poi le cose cambieranno.

 

*

balenando in burrasca
Vincenzo Cardarelli

 

Al centro del furioso temporale
una scarica elettrica sonora.
Lungo il viso, una luce innaturale
anticipa il chiarore dell’aurora.
Poi ritorna la quiete nella stanza
e tu ti sei scordato cosa dire.
Lontano una sirena d’ambulanza
si affievolisce fino a scomparire.

 

*

 

Katia Ferri (1972) Piacentina, ha vissuto a Pavia, dove si è laureata in Scienze politiche, e nel 2000 si è trasferita a Firenze dove tuttora vive. Bibliotecaria, pacifista appassionata dei movimenti delle donne, ha partecipato a readings, cortometraggi, mostre d’arte e realizzato una videopoesia Ospiti, puzzle pittorico improvvisativo su testi di poetesse. È coautrice di Varianti urbane. Mappa poetica di Firenze e dintorni, Damocle edizioni, 2011

 

Ha la mia vita intorno a sé colori / che io non vedo
Sandro Penna, Amico sei lontano

ci accompagna ormai
uno strato di grigio

inganno di pupille deboli
manca il fiato dell’altro
a ripulire

 

*

Immeritata la gioia / che non sia di tutti
Alfonso Gatto, Passeggiata fuori porta

 

A Luana

dalla finestra accostata

s’affaccia un tiepido sole

gravido di risa croccanti

che sfamano tutti i balconi

laggiù nel vuoto giardino

il tuo nespolo spoglio

invano ti attende

 

*

 

Cesare Pavese, Verrà la morte e avrà i tuoi occhi

 

l’attesa dell’aurora
sotto i piedi
porta ovunque
il suo soffio
ci fa strada

 

*

 

Donatella Golini è nata a Firenze nel 1956. Ha tradotto dal russo e dal francese. Bibliotecaria, vive in campagna da lungo tempo, con la famiglia e molti animali. Scrive poesie da una decina d’anni

 

“…giurando noi fede all’azzurro”
Dino Campana

 

Sul ponte s’accovaccia
la prima delle ombre,
fra i rami si è interrotta
la frenesia di storni.
L’aria si addensa intorno
al chiaro filo obliquo,
vibra d’irresponsabile
microbico ronzio.

 

Si può ancora giurarsi qualche sforzo
se talvolta soccorre intermittenza.

 

*

 

“…la nostra parte di ricchezza
Eugenio Montale

Certo che lo ricordo
quel tempo trionfale,
quando dentro il tacere
ci scottava l’intesa.
Acuminato il verde
lucido dei limoni
nel sollevarsi lento
dell’aria frantumata.
Ora testardo striscia
fra le pietre il lichene,
ora ci sembra impresa
il fiorire d’ortica.

 

*

 

“…e uscir fuori col passo di un tempo”
Cesare Pavese

Un piede dopo l’altro:
ci vuole più attenzione
su questa cresta scabra
che la bufera spazza.

Basta una distrazione,
lo scarto di un sussulto,
per cedere all’inciampo,per scivolare in fondo.

Eppure sapevamo
l’incanto disinvolto,
lo sguardo sollevato
a traversare fuochi.

Quando era ancora nostro
quel passo di ragazza,
quel giovane coraggio d’immortale.

 

*

 

Hilde March: Nata al mare e fiorentina di adozione, crede nella necessità del linguaggio poetico come strumento non solo di espressione ma anche di partecipazione civica. Vincitrice nel 2013 del primo premio Voci della Luna per testi inediti, ha pubblicato le raccolte Il seme il resto (Teseo Editore, 2014) e Passi sparsi (Transeuropa, 2015). Insieme ad altri autori, ha collaborato ai lavori collettivi Alice c’est moi (raccolta illustrata stampata in proprio) e alla pubblicazione web Parole per casa, coordinati da Elisa Biagini.

 

Tu sei come una terra
che nessuno ha mai detto
(Cesare Pavese)

 

Il promontorio fonde nella nebbia,
pugno chiuso di pietra nera,
una nota bagnata di chiaro
si allunga sul mare.

Foglie, canne, non osano suoni.
Le zolle accucciate,
il campo un animale atterrito dall’alba.

Nella luce di metallo
la parola si scioglie. Spoglia
di ogni difesa
attende la pioggia di ottobre.

 

*

 

E non mi duole l’alito d’ombra
che mi gela la fronte
(Leonardo Sinisgalli)

 

L’ultimo tonfo è un soprassalto
di foglie croccanti
sbaraglia i piccioni a caccia di pane.

Fra poco il cancello chiuderà
i battenti in faccia alla sera
pesante come spugna bagnata

non lascerà varco al passante
se non clandestino – passi di chi non teme
le ombre uscendo di casa.

 

*

 

e me ne sono andato
come un acrobata
sull’acqua
(Giuseppe Ungaretti)

 

Oscillo
ai colpi del vento
su arti da trampoliere

pianto passi di legno
su acque colme
del loro corso

in agguato costante
del cedimento

lo smontaggio d’ossa
per tornare a terra.

 

*

 

Annarita Zacchi insegna italiano all’Università Europea di Firenze (EUI) collabora con la New York University in F. (NYU) e tiene laboratori di scrittura, camminate letterarie e di storia locale per italiani e stranieri. Tre i libri di poesia pubblicati: Rotte Terrestri, Teseo Editore 2014, Voi e lo sparso, Chipiuneart, 2015, Utopie del corpo, Arcipelago Itaca 2020, più una plaquettes per un suo Reading, Lavoro e antilavoro. Sogno dell’insegnante errante. Per informazioni sul lavoro di Annarita Zacchi e per leggere alcuni suoi testi: http://annaritazacchi.weebly.com/

 

spesso mia mente poscia s’inselva
Giuseppe Parini, Rime

 

com’è che la mente sotto la doccia
produce questo materiale antico:
che pulire fuori aiuti la selva

a rifiorire
e le ceneri del passato temendo l’acqua
premano per non essere
dimenticate?

 

*

 

Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all’avventura.
Eugenio Montale, La casa dei doganieri

 

il palmo spinge sul cardine
stride il ricordo con la tua risata:
la colomba rimasta
prigioniera in cantina,
testimone dell’ultimo nostro nome,
libera oggi l’ala
e cerca il cielo
della casa sul fiume

 

*

 

[….]vanno sole
sole nel cielo e nella pioggia
Alfonso Gatto, Inverno a Roma

 

infiliamo la giacca
rimasta appesa
alla notte gelata,
tempo
di ante aperte
dove il giorno si sporge

con nocche screpolate
stringiamo al petto
libri come padri
– bellezza
di non saperlo