L’odissea animale presentata nel poema lungo The European Eel (Longbarrow Press 2021), di Steve Ely, sul ciclo vitale dell’anguilla, permette di ripensare l’umanesimo col contributo dell’ecologia e favorisce una consapevolezza ulteriore delle sorprendenti interconnessioni fra l’umano e il suo contesto, in transiti inediti fra poesia e scienza.
Infatti, nel primo poema epico interamente dedicato all’animale in via di estinzione, si possono ritrovare tutti i principali elementi di quanto si intende oggi con il termine ‘odissea’– un viaggio molto lungo fatto di peripezie, vicissitudini e disgrazie, ove il tragitto è importante come la destinazione, un’esperienza travagliata fatta di incontri con luoghi e paesaggi particolari, un ‘nostos’ come ultima fase della temporalità’ del testo. Soltanto, qui si abbandona la centralità antropocentrica per accogliere le implicazioni del punto di vista, meglio, delle coordinate percettive di una protagonista non umana e si seguono le traiettorie del suo misterioso e complicato ciclo vitale.
L’autore ripercorre meticolosamente le tappe vitali dell’anguilla, grazie a uno studio scientifico su più di duecento fonti. Tra la nascita e la morte nel Mar dei Sargassi, il pesce catadromo viene raccontato fra le luci e le ombre, il noto e il tuttora ignoto dei suoi diramanti viaggi migratori: uova da subito orfane in balia delle acque dell’Atlantico per tre anni, forse guidate da un ‘Dna mistico’, citando il testo, nella seconda ‘fase’ del percorso diventano leptocefali a forma di salice, e ‘glass and elvers’ prima trasparenti, poi gialli e marroni, che prendono dimora lungo corsi d’acqua, laghi e valli di vari punti d’Europa per quindici o vent’anni. Il ciclo termina con una terza mutazione in pesci ‘argentati, argentini’, ‘silver’, che in un incredibile movimento di ritorno della durata di un anno e mezzo in completo digiuno, ritrovano il luogo di nascita, sviluppano una individuazione sessuale – prima assente –, si riproducono e muoiono senza lasciare traccia.
Le peripezie e gli avvicendamenti che ci si potrebbe aspettare sono certamente nella trama del ciclo ‘naturale’, dunque sono dati dalle azioni di altri esseri– marini, di acqua dolce e di terra: ad esempio vari tipi di predatori come pesci, uccelli, mammiferi; e anche propri simili, che possono costituire pericoli mortali lungo tutto il tragitto. Inoltre, se nell’Odissea ad attendere Ulisse ci sono Penelope, Telemaco e i proci, ad attendere l’anguilla in questo libro ci sono la riproduzione e la morte, in un interessante ampliamento del punto di vista su temi come eros e thanatos.
Tuttavia si scopre che l’odissea è resa soprattutto tale dagli interventi umani in ogni ambiente attraversato, nell’oceano come lungo i diversi corsi d’acqua. In una nota del testo come sintesi di quanto narra nei versi, Steve Ely scrive: ‘Le ragioni del declino dell’Anguilla Europea non sono ancora completamente comprese, ma riguardano una gamma di fattori antropogenici: l’inquinamento; l’impatto dell’assorbimento di sostanze chimiche, metaboliti e metalli pesanti sulla fisiologia e sulla capacità riproduttiva del pesce; sovrasfruttamento commerciale; bonifica di paludi e acquitrini; gestione intensiva delle vie d’acqua; frammentazione di bacini idrografici con dighe e centrali idroelettriche; debilitazione da parassiti introdotti artificialmente; e l’impatto del riscaldamento globale sulle correnti oceaniche e sulle condizioni riproduttive.’
Al tempo stesso, l’autore lascia spesso affiorare tratti dell’anguilla che potremmo definire eroici, se consideriamo il suo ardimento, il suo coraggio, ma anche l’intelligenza che sembra impiegare per affrontare le numerose avversità poste da un contesto profondamente degradato dagli umani, come si evince nel brano proposto più sotto, ambientato nella fase intermedia, di risalita dei corsi d’acqua nello Yorkshire. Più in generale, nel poema appaiono anche stupefacenti le strategie ‘adottate’ per il ritorno, i possibili riti di corteggiamento e di riproduzione nella precarietà delle trasformazioni, riti presentati in modo che la letteratura giunge a compensare i momenti, ancora numerosi, di buio della scienza.
Sul piano stilistico, la diversità lessicale dai campi più svariati del sapere scientifico inserita in un solido impianto sintattico sostanzialmente classico, produce un iniziale straniamento subito accompagnato da un desiderio di comprendere meglio quanto viene descritto, elementi che portano progressivamente chi legge a elaborare un immaginario ricco, oltre la possibile repulsione verso un animale che comunque, sino agli anni 80, costituiva la dieta delle classi più umili in numerosi paesi.
Alla fine della lettura dei versi, risulta quasi possibile lo sviluppo di un’empatia verso questo essere più che umano, il suo slancio vitale tenace e resistente nonostante le frequenti decimazioni. Forse giungiamo a percepirci meno soli nel pericolo di una comune estinzione e cresce la consapevolezza che la facoltà di azione umana resta determinante per la sopravvivenza, in particolare per quanto riguarda gli usi della parola e del racconto di quello che ci circonda.
…
Dove il fiume raddrizza lungo Frickley Lane
lei striscia lungo le secche zavorrate
sotto un muro di pietra a gabbioni.
Qui le acque vanno veloci e frante,
mentre l’onda lunga dell’Holywell
ruggisce nel fluire da un tubo di cemento
e rotola nella pozza rombante.
Le pietre del ponte sostituite dal tubo,
assieme al nido di rondine, incrostato al concio,
abbandonati lì per causare la turbolenza schiumosa.
L’anguilla sfreccia sotto la bianca acqua ferale
e scivola dentro il flusso del fondo piatto
che luccica attraverso il reticolo di rapide
un metro sotto la corsia. Sponde dure qui,
nessun riparo, ma presto il fiume inizia ad allargarsi
e trova una piccola profondità: un altro tubo,
un’altra pozza, al varco senza porte
di fronte a Hooton Thorn Covert, al punto
del bosco senza nome a testa di volpe. Fonda sino alla vita
e larga abbastanza per un uomo da galleggiare sulla schiena
come Gesù. Il lato nascosto erboso, senza siepe;
sul lato del viottolo una siepe scheggiata di biancospino
e l’oscurità sporgente di un sicomoro.
Raggiunge il gradino del tubo, di pochissimo sopra
il suo capo affiorato, si immerge
e gira per la pozza. Sotto il rivolo di caduta
dal tubo della goccia, un’anguilla scura si leva, scatta
dalle macerie verso di lei. Lei svanisce
in un pennacchio di limo, e continua a girare
all’ombra del sicomoro, serpeggia nelle grotte
delle radici sottomarine—odori di ratto,
odori di trota, deflussi dell’allevamento di suini,
puzza di piccione, fagiano e corvo morti.
Sanguisughe, larve e avannelli. Odore di anguilla—
ma nessuna anguilla incombe. Quindi sotto la sponda
del Frickley, al varco senza porte
di fronte a Hooton Thorn Covert, al punto
del bosco senza nome a testa di volpe, giunge alla fine
del viaggio di quaranta mesi. Annoda la coda
in una fessura delle radici e tira fuori la bocca aperta
in un flutto predatorio di respiro.
Ora aspetta e respira.
Where the beck is straightened along Frickley Lane
she crawls along the ballasted shallows
under a wall of gabioned limestone.
Here the waters flow fast and broken,
as the tumbling spate of Holywell beck
roars into the flow from a concrete pipe
and roils in its rumbling plunge pool.
The stones of the bridge the pipe replaced,
along with the swallow’s nest, crusted to the ashlar,
were abandoned in the flow to cause this foaming turbulence.
The eel flashes under the feral white water
and slides into the flat-bottomed, deep-cut race
that glints through the lattice of slashed-back quick
a fathom below the lane. Hard-banks here,
no shelter, but shortly the stream begins to widen
and find a little depth: another pipe,
another plunge pool, at the gateless gap
facing Hooton Thorn Covert, on the point
of the nameless fox-head wood. Waist-deep
and wide enough for a man to float on his back
like Jesus. The covert side grassy, unhedged;
the lane side a hedge of splintered hawthorn
and the overhang gloom of a sycamore.
She reaches the pipe-lip, only inches above
her surface-breaking head, submerges
and circles the pool. Beneath the pipe-drop’s
trickle of fall, a dark eel rises, lunging
from the rubble towards her. She flicks off
in a plume of silt, and continues her circling
in the sycamore’s shadow, snaking the caves
of the submarine rootball—rat smells,
trout smells, effluent from the Landrace piggery,
stinks of dead pigeon, pheasant and crow.
Bloodworm, caddis and fry. Eel smell—
but no incumbent eel. So under the bank
of Frickley beck, by the gateless gap
at Hooton Thorn Covert, on the point
of the nameless fox-head wood, she reaches the end
of her forty-month journey. She knots her tail
in a crevice of the rootball and pokes out
her gape in a predatory billow of breathing.
Now she waits, and rests.
Introduzione e traduzione di Stefania Zampiga
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