Nelle fonti classiche sulla scultura greca si ricordano artisti capaci di mantenere una forza monumentale, una qualità eroica, anche in piccole opere di marmo o di bronzo, nate magari per l’apprezzamento di signori o eruditi antichi all’interno delle loro dimore. Così, nel grande e nel piccolo, Valentino Moradei Gabbrielli si pone alla larga da ogni piacevolezza troppo esibita, come anche dalla volgarità del sorprendente e del concettoso.
Frequentando l’uomo e il suo studio mi pare che Moradei voglia lavorare in tutta serenità, quasi che i rumori della città e della politica non sovrastino i suoi disegni, privati o pubblici che siano.
Sto parlando di concentrazione, se vogliamo di sintesi, di controllo se non di paura di strafare, di straparlare. Difficilmente l’ho trovato fuori del suo stesso territorio: uno spazio mentale che lo porta forse a un certo isolamento.
In ogni modo anche la bellezza spesso si cela per poi ri-tornare, essere richiamata dallo scultore e dalle persone: persone che ri-vedendola la prendono infine per necessaria, per pane da mettere in tavola. Altri artisti con minore forza immaginativa e assai più incerta qualità tecnica hanno avuto un certa notorietà, la qual cosa ha permesso loro di mettere in atto progetti veramente monumentali. Ed invece per essi avrei visto meglio il più duro Moradei.
Forse per nausea del mellifluo decadere della forma nell’arredamento, nel soprammobile sono finito a studiare la scultura italiana del Cinquecento, pur vivendo tra Italia, America e Asia ed apprezzando sinceramente tutte le variabili del contemporaneo. Cose adattissime ai tempi sofisticati che viviamo, ma per me carenti di una qualità che mi pare non manchi al nostro Valentino. Ed ora sto parlando di nostalgia, di sforzo per trovare qualche cosa di rinnovabile ma di trascorso e farlo rivivere: non solo per sè ma anche per la moglie, le figlie, gli amici, gli allievi e tutti coloro che amano l’arte.
Non sono mai stato né artista né prete. Due cose che richiedevano troppa nostalgia del bello e di Dio per fare il nuovo: proprio ora, proprio qui. A volte mentre guardo quello che Moradei mette in campo e ascolto quello che dice lo trovo puntualmente, precisamente, nostalgico.
Una fortuna per la sua capacità di visione…Gli si apre un vasto mondo di fantasie: da condurre fino in fondo o da mappare su carta.
Bisogna sperare come lui che ci sia dato di tornare ad apprezzare la figura umana nella sua ombra artistica. Mi piacerebbe, anzi, trovare in qualche angolo della nostra città una statua vera, un monumento che alteri o manipoli lo spazio circostante, o meglio lo domini e lo popoli della stessa nostalgia del bello, dell’eroico, del significante.