Alchemies

In Creativity by D.S. Butterworth

It is then to this world, the world in which I find
myself and which is also my world-about-me
,
that the complex forms of my manifold and
shifting spontaneities of consciousness stand related . . . .

Edmund Husserl

i.

Birds flock from San Marco
to decipher the sky as a form of pure knowing

whose sound is the shape of bells tolling from the campanile,
to read the sky as a depth we can only imagine

to be the thrill of gravity’s push, a fall
into that uncertain rising above Florence.

Birds probe where the caesura of the window
configures the self as the world fleeing its desire,

as figures retreating into distance’s infinite sadness,
into the red dark day simmering down to disappear.

The intimacies of images die into themselves
as the photographer opens the world to light’s

scratching on the lens of the heart :
metaphor’s palimpsest—bird, sky, color, mind,

heart, difference itself—figures, all figures,
euphoric, disphoric, the finger’s whorl smudged

against that wound where the world and self merge,
the bird and the spiral gaze.

ii.

In café Sant’ Ambrogio confusion falls to a hum.
church bells die,

and the calcio ends zero to zero
but the sound track rises as the barista

shoots her colleague a venomous look
and the machine in the corner manufactures

the darkness that drives it all directly into the bloodstream
of the Arno. It’s one of those mix tracks recycles an old blues

voice riffing like a verbal tick, and now
the music’s in your own language and fails

as white noise, even with the synthesized gulls
crying over the back curl of the song. The square

blooms into evening people promenading
against a twelfth century wall.

From a child’s bicycle the panhandling thug
squints through the swollen eye someone’s fist

closed for him at the street he weaves down
like a circus bear on a trike and passes

the reeking man who lives in front of the post office
across from the Standa, a grocery cart a home

against the old towers rising above Lion’s Gate
where shadows have given us new words

to describe the world.

iii.

Maybe this is the way beauty enters time—
as a nymph wrapped around wind,

wind, a Zephyr draped with a woman’s limbs,
legs, tendrils of hair, or folds of mantel and wing

intertwined, the way all things in the mind
become one another. A sea drifts ageless blue

against a shore of trees sweeping the sky
with their seasons and the loveliness

of change. But our nakedness in birth tells
us how earth must be caught:

before the gilt pigments of the allegory
distract us to the surface once again

and make us forget that all truths are about the self
or about the terrible world.
Beyond the play of mass and line, where shape
colors laurels against imagination’s canvas,

only human language can describe the divine.
Finally a goddess rises beyond the horizon of piety,

an unscorned Magdalene who will never know
the trials of having a perfect son. Let it go, let it go.

It is not possible to lie about the body or its pleasures,
any more than it is to defy the cloak time holds

to subdue her under the lacquered waves. And just so
voices claim the gallery and we enter into that other dream.

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Alchemie

Allora è a questo mondo, il mondo nel quale
mi trovo e che è anche il mondo-intorno-a me
,
che le forme complesse delle mie molteplici
e mutevoli effusioni di coscienza si relazionano.
Edmund Husserl

i.

Uccelli spiccano il volo da San Marco
per decifrare il cielo come forma di pura conoscenza

il suono prende la forma delle campane
per leggere il cielo come una profondità solo immaginabile

come fremito della spinta di gravità
una caduta in quell’incerta ascesa sopra Firenze.

Gli uccelli esplorano il punto di cesura, dove la finestra
configura il sé come mondo che sfugge al proprio desiderio,

come figure ritiratesi nell’infinita tristezza del distacco,
nel rosso scuro del giorno che scompare.

La confidenza nelle immagini scompare a se stessa,
mentre il fotografo apre il mondo

alla luce che graffia la lente del cuore:
palinsesto della metafora- uccello, cielo, colore, mente,

cuore, la differenza stessa – figure, tutte figure,
euforiche, disforiche, la spirale del dito

imbevuto nella ferita dove si fondono mondo e sé,
uccello e vertiginoso sguardo.

ii.

Nel Café Sant’Ambrogio la confusione si stringe in ronzio.
le campane muoiono

e la partita finisce zero a zero
ma il sonoro si alza quando la barista

lancia al suo collega uno sguardo avvelenato
e la macchina nell’angolo fabbrica il buio

che porta tutto questo nel flusso di sangue
dell’Arno. E’ un misto di vecchi blues riciclati

la voce gira come un tic verbale, e ora
la musica è nella tua lingua e crolla

come bianco rumore, persino con i sintetizzatori
piangenti sull’ultimo ricciolo della canzone.

La piazza la sera fiorisce di gente a passeggio
contro un muro del Duecento.

Su una bici da bambino l’accattone
strizza l’occhio gonfio, chiuso dal pugno di qualcuno,

lungo la strada sulla quale gira, come un orso da circo
sul triciclo. Ora sorpassa zigzagando

l’uomo sudicio che vive di fronte alla posta
il carretto da fruttivendolo diventato casa

contro le antiche torri sopra The Lion’s Fountain,
dove le ombre ci hanno dato parole nuove

per descrivere il mondo.

iii.

Forse è così che la bellezza entra nel tempo –
Come una ninfa abbracciata al vento,

il vento, uno Zefiro avvolto dalle membra di una donna
gambe, ciocche di capelli, pieghe del mantello

e ala intrecciate, il modo in cui le cose diventano
una nella mente. Un mare trasporta un azzurro senza età

verso la costa con alberi che spazzano il cielo
con le loro stagioni e la bellezza

del cambiamento. Ma la nostra nudità alla nascita
ci dice come va presa la terra:

prima che i pigmenti dorati dell’allegoria
ci spingano verso la superficie di nuovo

e ci facciano dimenticare tutte le verità sul sé
o sul nostro terribile mondo.

Aldilà del gioco di linee e volumi, dove la forma
Colora gli allori sulla tela dell’immaginazione

solo la lingua umana può descrivere il divino.
Alla fine una dea si alza aldilà dell’orizzonte della pietà

Una Maddalena non sdegnata, che non conoscerà mai
le tribolazioni di avere un figlio perfetto. Lascia stare. Lascia stare.

Non si può mentire sul corpo o i suoi piaceri,
più di quanto si possa sfidare il mantello tenuto dal tempo

per tenerla a bada sotto le onde smaltate. E così
voci rivendicano la galleria e noi entriamo in un altro sogno.

Translated by Gabriela Dragnea Horvath
with Serena Baldini