autunno 1 | no, non è vero che la terra è tonda (per S.) | esilio/asilo per suleiman

In Creativity by Nadia Mifsud

Photo Credit: Alessandra Capodacqua

 

ħarifa 1

reħiet dirgħajha dal-lejl
is-siġra ta’ faċċata
ħasditni jien u nġerri
l-purtieri dalgħodu
tiċċassa tħares lejja għarwiena –
kurċifiss iswed mitruħ
imħawwel kontra jeddu
fuq sfond sema griż ċass
u bini twil kiebi
għidt bejni u bejn ruħi
possibbli … ?
u jien fejn kont … ?
sakemm il-weraq jiżżeffen bl-addoċċ
isfar-jgħajjat sfaċċat
f’nofs din it-triq vistuża
ħatafli ħsibijieti u ġarrhom
band’oħra …
it-tfal raqdu, u reġgħu qamu
u kibru naqr’oħra
raqdu joħolmu u
stenbħu jistaqsu mistoqsijiet
li jdarrsuni u nixtieq nordom

lanqas f’għajnejhom
m’għad fadal ħniena

autunno 1

ha allentato le braccia nella notte
l’albero di fronte casa, lasciandomi
stamane senza fiato mentre tiro le tende,
senza veli, il suo sguardo vuoto piantato addosso –
un crocifisso duro, nero
stagliato a forza
contro un cielo uggioso
e lunghi palazzi tristi
mi sono detta
possibile … ?
dov’ero … ?
finché al centro di questa via mesta
un vortice di foglie
urlo giallo, sfacciato,
ha strappato i miei pensieri, trascinandoli
altrove …
I bambini hanno dormito, si sono alzati
sono cresciuti ancora un poco
il sonno li ha ripresi, i sogni anche
e ora sono svegli con domande
fastidiose che seppellirei

perfino nei loro occhi
di pietà non ne è rimasta più alcuna.


mhux veru li d-dinja tonda
(għal S.)

le, mhux veru li d-dinja tonda
għandha ponot jaqtgħu u jweġġgħu
daqs il-kliem misnun
li missierek kien igara bl-addoċċ
f’wiċċ ommok
kien jispiċċa jaħbat idamdam mal-ħajt
imbagħad jaqa’ f’ħoġrok dak il-kliem
u int kont tiġbru
timmaljah ma’ xagħar il-pupa
mingħalik qed teħles minnu.

il-kuluri tgħallimthom
geddumek mal-bank tal-kċina
u id ommok titriegħed
tifrex ponn pirmli
fuq plattina ffjurita
kont tistħajjilhom
ifaqqgħu bħal ġigġifogu
fl-ibgħad irkejjen ta’ moħħha
jonkella jdubu qawsalla
fl-iswed-imrar t’għajnejha

tgħallimthom bl-amment
il-ħrejjef tal-once upon a time
u l-happily ever after
kont tieħu gost tgeddishom miegħek
fil-ħemda kiebja ta’ kamartek
tomgħodhom, issoff sal-iċken kelma
taħbihom taħt il-gverta
kont tistħajjilhom
irattbu d-djuq tal-univers imkittef
li trabba’ fik ma’ lfieq ommok
u l-herra ta’ missierek

bqajt temmnu dak il-kliem
anki meta kbirt
bqajt tgħożżu
iġġorru miegħek kullimkien
bħal taliżman lewn il-perlini
u bqajt ma fhimtx
għala f’did-dinja mħabbla tiegħek
fejn kollox bħal donnu dejjem
ta’ taħt fuq u ta’ wara quddiem
il-prinċpijiet jispiċċaw jinbidlu fi żrinġijiet
mhux viċeversa

titriegħed idek
tifrex ponn pirmli bojod mewt
tistħajjilhom ifaqqgħu f’moħħok
kull kulur
bħal kaxxa infernali

tħoll xagħrek
titfi d-dawl
tinża’ ħwejġek
timtedd fl-art

u tkompli titherra

no, non è vero che la terra è tonda
(per S.)

no, non è vero che la terra è tonda
ha bordi aguzzi e taglienti
come le parole che tuo padre scagliava
in faccia a tua madre
si frantumavano contro i muri
franandoti in grembo
e tu le intrecciavi con i capelli delle bambole
sperando di farle svanire

studiavi i colori
col mento sul tavolo della cucina
la mano di tua madre
febbrile nella semina
di una manciata di pasticche
che immaginavi scoppiare
come fuochi d’artificio
negli angoli più remoti della sua testa
o sciogliersi come arcobaleno
nel nero amaro dei suoi occhi

sapevi a memoria
tutti i c’era una volta
e i vissero felici e contenti
ti ci rannicchiavi
assaporandoli
succhiandone ogni parola
poi li rimboccavi sotto le coperte
illudendoti di ammansire così
le durezze di un mondo
che t’irrompeva dentro con i singhiozzi di tua madre
e la bestialità di tuo padre

continuavi a dar retta a quelle storie
anche da ragazza
care a te come la vita
talismani color confetto
sempre addosso
e non ti tornava perché in questo mondo ingarbugliato
dove ogni cosa è sottosopra
i principi si mutano in ranocchi
e non il contrario

la mano trema
nel seminare una manciata di pasticche
bianche come la morte
te le figuri esplodere nella testa
straordinario gran finale

sciogli i capelli
spegni la luce
senza vestiti
sdraiata a terra

marcisci ancora un po’

 


exil / asile
pour Suleiman

rivés à l’écran
des yeux noirs
– d’un noir sans fin –
des cages
des tombes
drôle de carte postale
de mon pays natal

j’ai honte

je revois ma grand-tante
ses yeux fiévreux
ses gestes nerveux
elle nous apprenait le catéchisme
son but
nous transmettre
la peur de l’enfer
j’accuse

je revois les chaînes du Vendredi saint
les cagoules blanches
les femmes pieds nus
derrière la statue
du Rédempteur
j’accuse

je me souviens d’un peuple
fier de sa foi
j’accuse

tais-toi
me dit-elle
tu sais pas de quoi tu parles
ce pays est petit
trop petit
on ne peut y accueillir n’importe qui
toi, tu es partie
alors, tais-toi !

en effet, je suis partie
comme des milliers de personnes avant moi
comme ton frère
ta sœur
ton oncle

il aurait pu s’agir de moi
il aurait pu s’agir d’eux

ma fille aussi, maman, est une étrangère

Ara ġejja l-mewt għalik
biex tixwik, biex taqlik ;
ara ġejja, ara ġejja
din id-daqqa min tahielek? *

*«Regarde, la Mort vient te chercher, elle veut te frire, te rôtir ; regarde, elle arrive, elle arrive. Qui t’as donné ce coup? Il faut que tu le devines.» Comptine traditionnelle maltaise associé à un jeu : un enfant se tient face à un mur, les yeux bandés ; derrière lui, d’autres enfants se mettent en demi-cercle en chantonnant la comptine ; l’enfant doit deviner qui l’a touché.

 

esilio/ asilo
per suleiman

incollati allo schermo
occhi neri
-d’un nero senza fine
gabbie
tombe
cartoline buffe
del mio paese natale

mi vergogno

rivedo la mia prozia
i suoi occhi febbricitanti
i gesti nervosi
lei che ci insegnava il catechismo
con l’obbiettivo
di trasmetterci
la paura dell’inferno
io ti incolpo

rivedo le catene del Venerdì santo
le cappe bianche
le donne dai piedi nudi
dietro la statua
del Redentore
io t’incolpo

mi ricordo di un popolo
fiero della sua fede
io t’incolpo

stai zitta
mi dice lei
non sai di cosa stai parlando
il paese è piccolo
troppo piccolo
non possiamo accogliere nessuno
tu te ne sai andata
e allora stai zitta!

In effetti, me ne sono andata
come migliaia di persone prima di me
come tuo fratello
tua sorella
tuo zio

avrei potuto essere io
avrebbe potuto toccare a loro

anche mia figlia, mamma, è una straniera

Ara ġejja l-mewt għalik
biex tixwik, biex taqlik ;
ara ġejja, ara ġejja
din id-daqqa min tahielek?*

* «Guarda guarda, la morte s’avvicina/ ti vuole arrostire, ti vuole far fritta/ chi ti ha dato questo colpo qua/ chi lo indovinerà?» Si tratta di una conta tradizionale maltese associata a un gioco: un bambino sta con la faccia verso il muro, con gli occhi bendati; dietro di lui gli altri bambini si dispongono in semicerchio intonandola conta; il bambino deve indovinare chi lo colpisce.

About the Author

Nadia Mifsud

Nata a Malta nel 1976, vive in Francia dal 1998 ed è molto attiva, anzitutto come traduttrice, nella diffusione della letteratura maltese. Ha pubblicato due raccolte di poesia, in maltese, żugraga (2009) and kantuniera ’l bogħod (2015), vincitrice del 2016 National Book Prize (sezione poesia). Suoi racconti è in uscita in varie antologie mentre il suo primo romanzo è atteso entro questo settembre. È particolarmente impegnata nelle tematiche femminili e partecipa a vari programmi di promozione della lettura presso i giovani. È membro delle ONG Inizjamed, che si propone la promozione della letteratura a Malta e altrove. Con Inizjamed, e anche con Literature Across Frontiers (LAF) ha contribuito all'organizzazione di festival e laboratori letterari. Mifsud è anche traduttrice. Come tradutrice ha fatto conoscere alcune delle più importanti voci della letteratura maltese contemporanea: Immanuel Mifsud (vincitore del premio UE per la letteratura 2011), Pierre J. Mejlak (vincitore del premio UE per la letteratura 2014), Maria Grech Ganado, Karl Schembri, Claudia Gauci, Inguanez e Norbert Bugeja.