Diario di Bordo

In Creativity by Vittoria Chierici

In 2012 Vittoria Chierici boarded the Polish merchant ship Isolda to cross the Atlantic with the purpose of photographing, filming and painting the water. Eighty-five friends and art collectors rewarded afterwards with paintings answered her call for sponsorship. This experience has also produced two videos: Sailing Away to Paint the Sea and Hands in Blue with the participation of filmmaker David Roy and music by Charles Edmond Brigg and Maurizio Pisati.

Voyages publishes her log with introductory notes by the art critic Emanuela Zanon, who signed the text editing as well. Vittoria’s paintings of Melville’s Sea, oil and ink on canvas, belong to a private collection in New York.

Vittoria Chierici, nata a Bologna, è tra i primi laureati in storia dell’arte al DAMS; si trasferisce poi a New York per continuare gli studi alla Columbia University ed alla School of Visual Arts dove si occupa di fotografia, video e pittura.

Irrequieta e curiosa, si immerge interamente nel fermento creativo dell’avanguardia italiana degli anni ’80, maturando un personale approccio all’arte che fin dall’inizio rivela la sua natura multimediale, gestuale, nomade, in equilibrio tra museo ed innovazione. Si trasferisce quindi a Milano, l’unica città italiana di respiro internazionale dove le cose accadono come a New York ed espone assieme al gruppo Zeffiri Milanesi nello studio del curatore Corrado Levi: i suoi quadri, che coniugano il rigore dei grandi astrattisti italiani con un segno istintivo che rimanda all’Espressionismo Astratto americano, sono preciso sismografo di una generazione vitale ed impegnata.

La notorietà internazionale arriva nel 1989 con la serie Coca Cola Classics che dopo essere stata esposta in diverse città europee tra cui Londra, Torino e Milano rappresenta l’Italia a Tokyo alla mostra 7 artists, organizzata da INFAS e dalla famiglia di Hanae Mori. La sua rielaborazione delle Green Coca Cola bottles di Andy Warhol è al tempo stesso portatrice e contestatrice della cultura moderna, liberamente utilizzata come veicolo di uno stato d’animo personale.

Vittoria Chierici è un’artista visiva che lavora a progetto come farebbe un architetto, le sue opere sono accomunate dalla dedizione ad un’idea fissa che viene caparbiamente approfondita attraverso infinite variazioni fino al punto in cui la ripetizione moltiplicata rivela tutti gli aspetti del problema. La sua cifra stilistica sta nell’usare ogni tecnica al servizio del suo istinto e del suo pensiero, la sua rielaborazione grafica e pittorica è al di fuori di ogni logica formalistica e si applica indifferentemente alle immagini della storia dell’arte o alla realtà dei luoghi del mondo in cui la passione la conduce. Preferisce realizzare il suo lavoro nel luogo del progetto per assorbirne tutte le sollecitazioni, scompone in immagini l’oggetto della sua ossessione per rivelarne i rapporti di tensione tra le parti e la compresenza di forze, tenta sintassi differenti per fondare nuovi equilibri. Le sue opere sono un dato di fatto che liquidano il concetto di originalità inteso come valore, sono fredde nella loro vocazione analitica e appassionate nel riflettere una reale urgenza interiore, subiscono il fascino del colore senza esserne succubi.

Nel 2012 Vittoria si imbarca su una nave mercantile per impadronirsi dell’oceano: nasce il progetto Sailing away to paint the sea, in cui l’artista registra con foto e pennellate astratte tutti gli aspetti dell’acqua che percorre inseguendo l’unità di luce tempo e movimento che costituisce l’essenza di questo elemento primordiale. Le riprese video realizzate durante il viaggio come diario di bordo vengono rielaborate assieme al film maker David Roy e generano due filmati completati dalle colonne sonore originali di Charles Edmond Brigg e Maurizio Pisati.

 

Voglio viaggiare su una nave per Dipingere il Mare
Sailing Away to Paint the Sea

 

Dal 13 Giugno al 14 Giugno. Bologna – IJmuiden.
Viaggio da Bologna a Bruxelles con un vecchio autobus. Andando a Nord mi rendo conto di quanto sia grande la  differenza culturale di questi Paesi rispetto all’Italia. C’è più similarità di comportamento tra l’Olandese, il Polacco, il Tedesco e il Belga che tra l’Olandese e l’Italiano. La storia di noi europei è troppo complessa per far credere alla gente che si possa creare l’Europa Unita come se fosse una confederazione di contee. Al massimo si può migliorare la moneta unica  come unità di scambio. Anche a Berlino, che si vanta di essere la migliore capitale europea, ci sono casi in cui un lavoratore immigrato guadagna un euro all’ora.  Rispettare regole diverse, per un Europa con genti diverse, meglio sarebbe che fare di tutta un’erba un FASCIO.

18 Giugno.  Sono nel porto di IJmuiden di fronte alla fabbrica delle acciaierie TATA e aspetto la mia nave. Vedo passare grandi imbarcazioni da crociera e penso che l’Isolda è vicina anche se non è ancora entrata nel porto. Dovrebbe arrivare nel tardo pomeriggio. Aspetto, arriverà  più tardi. La sto aspettando da sei giorni.  Ho fatto delle riprese al North Sea Canal, il canale artificiale costruito tra il 1865  e il 1876 per permettere la navigazione da Amsterdam all’Oceano.

19 Giugno. Sono ancora  a IJumiden, chiamata the cloud city per l’inquinamento e i fumi che provengono dall’acciaieria. Domani mattina finalmente m’imbarcherò sull’Isolda, una nave della Polsteam Company. È tutto confermato. Sto prendendo un po’ di sole. Ho paura, ma so che non posso tornare indietro. È strano come nella vita ci siano alcuni momenti in cui non si può più cambiare idea, qualsiasi azione si stia per compiere. Anche se si tratta di un’iniziativa pericolosa, non si può tornare indietro. Non c’è alternativa. Mi sono trovata spesso in queste circostanze e ricordo la perplessità delle persone riguardo al mio comportamento. Tante volte mi hanno chiesto: perchè lo fai? Io sapevo di dover agire per istinto, senza che ci fosse alcun motivo logico. Non sempre si possono dare giudizi. Ora mi trovo un’altra volta nella situazione di dover dare spiegazioni a chi mi domanda perchè lo fai e a cosa serve. Il mio viaggio non è un’esperienza fra tante o una vacanza, ma un progetto e proprio per questo non posso tornare indietro. Un progetto va portato a termine. Da un progetto possono nascere nuove valutazioni e quindi altri progetti.

20 Giugno. Finalmente sulla nave, dal molo guardo i marinai caricare le bobine di acciaio nelle sei stive dell’Isolda. Qualche dato tecnico dopo aver parlato col capitano. Sono un po’ frastornata, come se dovessi mettere ordine a tutto quello che mi è successo negli ultimi giorni, da quando sono partita da Bologna. I camini delle acciaierie Tata continuano ad emettere una quantità incredibile di fumo.

h. 19.00 Sto sistemando il materiale video che ho registrato prima di imbarcarmi. Durante la navigazione dovrò concentrarmi sulle tre fasi che compongono il progetto: la realizzazione dei dipinti già venduti e dei due film.

La mia cabina è sul ponte B, due piani sotto la plancia di comando e da qui posso uscire quando voglio e andare a poppa. Girare per la nave è facile.

21 Giugno h. 12.30 I can speak English, also, a little bit, although this video log will be done both in Italian and in English. So, today the last passenger came aboard…we are four. Her name is Gill she is a young Dutch girl. She wants to go to USA, travel and probably stay there. She is leaving Europe and I spoke to her as to the other young guy who is from Canada, Michael Cabral. He was an English teacher in South Korea and he is going back to Canada by train and by boat …a long trip from South Korea. He left behind his life there and he wants to start all over again. I asked these young people why going back by ship… their answers are quite romantic. I don’t feel the same. I have to do just an experience among the others of my life and I also feel that I want to demonstrate to myself that I can make art wherever I go. I won’t eventually use a studio anymore. I will go where I will decide to go, because of the project. I mean working in the site where the project has been conceived. So, my trip is much more connected to my work. I am too old to think of starting a new life, I did too many things already and I am not starting any life again. My style as a painter doesn’t come out from a formal research but from the way I live. In this trip I have to put together the past, instead young people want to forget it. 

Oggi non potremo partire a causa della pioggia: secondo le vigenti norme di sicurezza agli operai è proibito caricare le stive perché se entrasse acqua nei magazzini qualcuno potrebbe scivolare. Dobbiamo aspettare che smetta di piovere per completare il carico. E` il primo giorno d’estate, ma qui al Nord sembra autunno.

22 Giugno. h. 06.15 Il mare è mosso, alcune onde sono alte quasi tre metri. C’è il sole e in lontananza si vedono gli impianti eolici. Siamo appena usciti dal porto. Dovrò abituarmi al movimento della nave, trovare d’equilibrio per fare le riprese e disegnare. Sono sul ponte di comando. Ho scoperto che il mare è a forza 7. Stiamo uscendo dal bacino del North Sea Canal e navighiamo verso lo stretto di Calais che raggiungeremo questa sera. È tutto molto bello da riprendere, purtroppo non posso andare a prua perchè il ponte principale della nave dove ci sono le stive è bagnato e scivoloso. Il vento è fastidioso e ostacola i miei spostamenti, ma le onde in subbuglio sono bellissime. Disegnare è difficile. Anche solo guardare. Mentalmente posso organizzare un lavoro di pittura. Il colore che passa dal metallico grigio scuro a turchese quando le onde si rompono nella scia della nave. Il contrasto tra il turchese e il color petrolio più scuro. La montagna d’acqua. La potenza tra un’onda e l’altra. I dislivelli, le gole delle onde. Non so come descriverli. Non lo so.

h. 09.40 Il vento è a forza sette. Lavo la biancheria, rifaccio il letto. Metto in ordine il tavolo. Ieri notte non ho dormito perchè aspettavo che la nave partisse. Nessuno sapeva a che ora. Il comandante è molto gentile. Stamattina ho filmato l’attraversamento del Canale del Nord. Siamo all’altezza di Rotterdam e ci stiamo dirigendo verso le scogliere di Dover nel canale Britannico. Per abituarmi al rollio della nave cerco di muovermi con naturalezza. Psicologicamente, il movimento è anche spazio. Mi sento instabile. Sto pensando al mio progetto, in senso tecnico e pratico. Oggi ho deciso di fare solo foto e voglio concentrarmi sul continuo formarsi delle onde, che stanno diventando il mio tema preferito. La differenza tra fotografare e disegnare sta nell’immediatezza.  Guardare è osservazione, un calcolo che viene dalla mente e da tutto il resto del corpo, non solo dall’occhio.

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Il Mare di Melville 1

h. 11.15 Le idee mi stanno assalendo tutte assieme. Non penso al fatto che sto andando in America dove sono stata tante volte, ma al progetto che va al di là del viaggio. Il viaggio in nave è il progetto vero e proprio, finalizzato a se stesso. Non ha uno scopo. Sono concentrata sugli elementi estetici che m’interessano. La direzione delle onde, la potenza dell’acqua e i mutevoli colori del mare.

h. 15.45 Il rumore delle onde è veramente forte. Guardare l’abisso dal vero è tutta un’altra cosa. La potenza del movimento, la sua energia talvolta distruttrice. Le foto non rendono.
Ho deciso di fotografare il mare in modo che il guardrail del ponte appaia come una specie di orizzonte ravvicinato. È un punto di riferimento che fa risaltare la potenza dell’onda. Ho agganciato la cinepresa a poppa, riprenderà la scia. Siamo di fronte alle famose scogliere di Dover, ma la foschia non permette di vedere molto. L’ufficiale in seconda Michal  Kruk mi sta spiegando la funzione del Gyro, un compasso  magnetico collegato al computer che orienta la rotta controllando tutte le altre bussole senza risentire degli eventuali campi magnetici generati dall’acciaio delle stive che sarà venduto per costruire automobili nelle poche fabbriche ancora aperte in USA.

23 Giugno. Stiamo navigando all’altezza del Galles e questa sera inizieremo la traversata dell’Oceano Atlantico. Il vento è diminuito, il mare abbastanza calmo ha un colore molto scuro. Ho fatto due riprese con la camera fissa per il film musicale, Il Poema della Luce. A colazione ho mangiato marmellata e pane con un the molto forte, mentre i membri dell’equipaggio polacchi preferiscono gli insaccati.

h. 09.00 Inizio a fare degli schizzi. Scelgo gli strumenti: gessetto, matita o penna per delimitare i punti di vista guardando le acque dalla nave. Definire un punto di vista vuol dire identificare il luogo di osservazione, la mia posizione e poi l’orizzonte.

C’è ancora troppo vento per andare sul ponte di carico, quindi mi limito alla parte abitata della nave. Siamo fermi al largo della costa sud dell’Irlanda nel mare Celtico.

h. 12.45 Il capitano ha detto che ci sono problemi al computer di bordo che governa i motori. Siamo quasi di fronte alla Cornovaglia e stiamo procedendo verso l’isola di Schilly, l’estrema punta ovest dell’Isola Britannica. Da lì inizierà la traversata dell’Oceano, dopo la pausa per aggiustare il computer di bordo. Stiamo procedendo lentamente. Non sono preoccupata per gli inconvenienti tecnici. Non ho bisogno di arrivare entro una data precisa e anche per la merce che devono consegnare ci sarà senz’altro un sufficiente margine di tempo. Se si ritarda l’arrivo ho più tempo per lavorare e per pensare. In questo viaggio l’unica meta è il lavoro da fare, l’idea di dipingere il mare stando sulla nave, il video log e il Poema della Luce. Non c’è fretta, non devo arrivare in nessun luogo. Ho iniziato solo oggi a disegnare. L’idea astratta di trovare un equilibrio tra la geometria della nave  e  la linea curva del mare, dell’orizzonte.

h. 14.30 Disegnando mi sembra di aver scoperto una cosa molto interessante: il guardrail è diventato un orizzonte ravvicinato, il mio punto di vista guardando il mare dalla nave. L’orizzonte naturale è concavo e delimita la fine del mare, ne ho disegnato una sezione con un goniometro. La parte concava dopo essere stata dipinta diventa convessa perché è in relazione con il resto del foglio. Lo spicchio di mare diventa ilcielo e viceversa.

h. 17.45 Quasi a giorni alterni mettiamo l’orologio indietro di un’ora, quando saremo in territorio americano avremo guadagnato sei ore. Abbiamo lasciato l’Inghilterra. Sento aria di Oceano.  Piove. Mare tempestoso, si dice gale in inglese. L’acqua ha un colore grigio ferro e le onde sono veramente grandi, la potenza di questo mare è impressionante. Tossisco per il vento.

h. 22.00 Siamo nell’Atlantico e le onde sono più lunghe. Con la tempesta la nave s’inclina fino a diciotto gradi. Ci sono due tipi di movimento: il rocking laterale e il pitch longitudinale quando l’imbarcazione supera l’onda. Prima del buio ho fatto qualche ripresa. Si sta in piedi per miracolo, per non cadere bisogna aggrapparsi ai corrimani che si trovano nei corridoi e in tutte le stanze, anche in bagno. Bisogna stare attenti soprattutto sulle scale. Ho messo le mie cose sul divano perchè erano rotolate giù dal tavolo. Il capitano ha invitato me e gli altri tre passeggeri nella sua cabina a bere qualche bicchierino di Metaxa e abbiamo trascorso qualche ora in sua compagnia. Prima, quando il mare era più calmo, siamo andati a visitare la engine room. Ora sto cercando di dormire in cabina. Con il rollio della nave mi è venuta più fame che nausea. Non ho nessun timore di affondare o avere incidenti, mi sento al sicuro e per gli esperti questo mare è solo relativamente mosso.  E` una questione di equilibrio. Imparare a trovare la propria stabilità. Quando sono in piedi, mi appoggio da tutte le parti. Buonanotte.

24 Giugno. Buongiornodzień dobry  in polacco. È l’unica parola che sono riuscita ad imparare dalla crew. I marinai sono poco chiassosi come tutti gli europei del nord, molto responsabili nel loro lavoro e nei confronti di noi passeggeri totalmente inesperti nell’affrontare la navigazione. Meno vento, ma sono rimaste le onde della burrasca. Il sole scotta. Oggi scelgo i gessetti e provo a divertirmi coi colori. Continuo le riprese del mare con la cinepresa fissata al guardrail . Ho qualche problema con la Nikon perchè lo zoom nella modalità video non risponde, la cinepresa è leggera e si muove troppo.  Prima ho fatto le riprese della cucina con il cuoco all’opera e lo stuart Andrew. La rotta procede verso i 50 gradi di latitudine e la nave viaggia a una velocità di circa 17 nodi.

h. 13.15 Prima di pranzo sono riuscita a disegnare. Vorrei disegnare ogni giorno un’ora o due e passare il resto del tempo a fare il film e a osservare. Nei primi schizzi di ieri ho usato un goniometro per misurare il punto di vista, un’idea grafica che mi dà la possibilità di rovesciare l’orizzonte facendolo diventare convesso. Sono lavori un po’ astratti. Oggi, sono davanti al mare a poppa coi gessetti colorati, freddo e vento. Di fronte al paesaggio non ho la pretesa e nemmeno l’interesse di interpretare il mare in senso grafico. Non potrei fare la stessa cosa se non fossi proprio qui e in queste condizioni, guardare il mare dall’alto attraverso la velocità della nave. Quando ci sarà meno vento vorrei fare schizzi dal ponte più alto sopra la plancia di comando. Pensavo di poter dipingere in cabina, come se fosse un piccolo studio, invece non riesco. È evidente che il rapporto tra me e il mare deve essere un’esperienza  completa e non la semplice osservazione di un paesaggio. (Manet, il mare e la storia). Lo spazio della nave, il rollio, la sera trascorsa nella cabina del capitano a bere birra e Metaxa, la notte quasi in bianco. L’esperienza diretta mi immerge in una dimensione mentale e teorica che attraverso l’arte ritorna  ad essere fisica, pratica e tecnica. Come dice un mio amico, giovane pittore di Louisville nel Kentucky, se le cose hanno uno spirito, l’arte lo rende concreto.

Le riprese a camera fissa per Il Poema della Luce scandiscono il mio tempo. Peccato che sia nuvoloso, mi piacerebbe vedere il tramonto.  Anche qui mi chiedo …  il tramonto e poi ? Il paesaggio, si imita ? No, ma si possono avere impressioni che forse non sono le stesse dei tempi di Monet.
Stabilire un rapporto con quello che vedo è per me fondamentale.

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Il Mare di Melville 2

25 Giugno.  h. 09.00 Dieci minuti fa abbiamo avvistato una balena megattera, se ne distingueva il soffio dalla schiuma sulla cresta dell’onda e proprio dalla forma di questo spruzzo il capitano ha riconosciuto la specie. Oggi sto meglio, ieri ero demoralizzata, non è impresa facile dipingere il mare. E` talmente potente che  rendere la sua immensità in pittura è impossibile. Molti sanno dipingere meravigliosamente bene le onde, ma a me sembra una perdita di tempo. Ieri coi gessetti ho dato l’idea dell’impressione, ora voglio cercare un significato.

Ho appena finito di pulire la cabina e il bagno, ho passato l’aspirapolvere. Sono affascinata dal grigiore della nebbia.

h. 11.15 Ho fatto qualche disegno usando il goniometro quasi per gioco, puntandolo all’orizzonte, al largo e aprendo l’angolo come per misurare la distanza. Poi aggiungo il colore. Guardando l’orizzonte a questo modo riesco a ritagliarne delle fette. È un’invenzione sostanzialmente formale, niente di definitivo o concettualmente rilevante, per ora. Il rollio della nave è molto forte, anche se non è facile preferisco dipingere fuori, dal punto di vista dell’attitudine sto diventando un artista en plein air. In queste ore ho riflettuto sui rapporti di lavoro in ambito artistico che ho avuto soprattutto  con le donne. Non mi è piaciuto affatto lavorare con alcune di loro. Donne che fanno molta retorica sul fatto di essere donne, magari omosessuali. Non bisogna mai generalizzare, trattando d’individui, la natura umana va al di là dei generi. La nave in cui mi trovo si chiama Isolda, un altro nome femminile. Penso anche a quanto sono stata ingenua in passato e al fatto che non vorrò esserlo più. Ingenua come forse è stata anche mia mamma, in nome di un altruismo e di una bontà d’animo che non mi appartengono. Lei non poteva essere altrimenti. Sono malinconica, anche il cielo è grigio da quattro giorni. Vorrei prendere il sole e usare il rosso e il giallo, ma oggi mi serviranno solo i grigi.

La nave s’inclina tra i dodici e i quindici gradi e le onde provenienti da nord est s’infrangono contro la fiancata destra della nave. Parlando con gli altri passeggeri di città visitate, ho capito quanta intolleranza e diversità ci siano tra il sud e il nord dell’Europa. Il belga ha viaggiato mezzo mondo ma non ha mai visto Roma, allora gli ho detto che è la città più bella del mondo. La giovane olandese era dubbiosa perchè a Roma non si sente a casa sua, che discorsi! Anch’io non mi sento a casa se vado ad Amsterdam. E questa ragazza si sta laureando in filosofia. Rifletto, ho l’impressione che sia impossibile avere un’Europa unica.

26 Giugno. Oggi ho deciso d’iniziare con la pittura. Vediamo cosa succede.

Niente di nuovo, il tempo è sempre brutto. Continuo le riprese del Poema della Luce con la vecchia cinepresa e spero che vengano bene. Quanto al documentario sulla nave, manca ancora qualche scena con l’equipaggio. Adesso siamo quasi in mezzo all’oceano, stiamo scendendo verso il quarantanovesimo parallelo. Stiamo facendo la rotta più breve. Secondo le previsioni che mi hanno mostrato al computer nei prossimi giorni ci aspetta di nuovo un gale, una debole tempesta, poi, verso l’Isola di Terranova dovrebbe esserci bel tempo. h. 08.45 Ho cominciato a dipingere ed è veramente una gioia. In cabina il rapporto con la pittura è molto contenuto per la scarsità di spazio, è un dialogo più intimo con i miei strumenti. Sto usando colori ad olio  solubili in acqua per cui posso lavare i pennelli nel lavandino o nella piccola doccia e spero che si asciughino prima di quelli a olio normale. Sto dipingendo una prima serie di prova, oggi pomeriggio mi concentrerò sulla dinamica delle onde, sulla loro direzione, sul vettore. I miei esperimenti che non hanno ancora un significato definitivo: ho bisogno di arrivare a una nuova idea poco alla volta e voglio anche divertirmi.

Disegnare solo coi gessetti mi aiuta a capire i toni di colore del mare. È un esercizio che faccio  Cercherò un posto non troppo piovoso per disegnare. Prima faccio la doccia.

h. 14.30 Sole, finalmente. Il mare è sempre mosso, bellissimo. Ha un colore verde crespato per il vento che viene da Nord Est. È previsto un altro piccolo storm con il vento da venticinque a trenta nodi.
Il secondo ufficiale mi spiega approssimativamente la rotta : “We started from here, Netherland and then we went through the English Channel, yes? Dover Strait. We went this way to Bishop Rock and from Bishop Rock, offing Scilly Island yes? To the shortest way through the Atlantic Ocean: the Great Circle. Yes. The shortest way to cross the Atlantic. We are now at 49.43 North, near 50 degrees latitude. Now we are almost in the middle of the Atlantic. I show you the next chart. We are 30 degrees longitude and 46 degrees latitude. I see the position in the GPS. Tomorrow, in 24 hours we’ll be at 350 miles. Tomorrow, we’ll be here. Now the sea is force six – force five. You see the white breeze? When the wind is stronger then you see like stripes, higher on the surface. You can see the direction of the wind. The ship has to go up and down.” 

h. 17.00 quasi l’ora di cena. Anche oggi bisogna far arretrare di un’ora le lancette dell’orologio: siamo tre ore indietro rispetto al fuso orario di partenza, quindi quasi a metà del viaggio che ha un cambiamento di sei ore. Domani lavorerò molto di più, non so se riuscirò a finire tutto in nave, voglio dipingere il più possibile sul tavolo del pirata che si trova a poppa. L’idea nasce dall’esperienza, per questo è importante dipingere guardando. Guardo per esserci, non per riprodurre. La geometria della nave che assomiglia ad una scatola e il suo rapporto con la materia totalmente informe. Non voglio copiare le onde come si vedono ma restituirne la sensazione: in realtà le onde non si vedono mai, il movimento del mare è scomposto dal vento che lo sospinge. La sensazione è soggettiva e nel mio caso potrebbe anche comprendere il mio punto di vista che è la nave.

Ecco un uccello, è la prima volta che ne vedo uno.

27 Giugno. h. 08.30 Dipingere guardando il mare non vuol dire “dal vero”: molti pittori lo hanno ritratto dalla costa scegliendo il momento giusto, in nave, invece, bisogna lavorare velocemente. Per dipingere dal vero, avrei bisogno di una fotografia, mentre io voglio dare un’idea di quello che vedo. Espressione e impressione sono parametri che non mi appartengono. Sono a prua, è impressionante la sua altezza rispetto all’acqua. Sto riprendendo l’immenso con due telecamere. Lascio la cinepresa fissata ai guardrail e rientro in cabina.

h. 11.05 Ho preso molto freddo a prua, tra poco andrò a pranzo. Il mare è abbastanza calmo, ha un colore metallico che non riesco  a riprodurre con i colori a olio, solo coi gessetti. La pittura è un discorso complesso. Per adesso ho fatto solo prove.

Volevo accennare a quello che è successo ieri: si è guastato il computer tramite il quale il comandante si collega online per inviare i documenti di bordo alle guardie costiere e agli uffici immigrazione se ci sono passeggeri. Tutti documenti che riguardano il funzionamento della nave, i salari degli operai, i rapporti con i venditori del carico e con gli acquirenti delle bobine di acciaio vengono scambiati via e-mail. Pare che il satellite non ricevesse il segnale, adesso il problema è risolto. All’altezza di Amburgo è volato a bordo un piccione viaggiatore, l’ultima possibilità. Il mito si sente meno navigando su una nave cargo con determinate forme di sicurezza. Penso che in realtà l’aspetto mitologico derivi dalle speculazioni che si fanno a terra. In navigazione c’è un ordine che bisogna seguire. Io sono molto puntigliosa, anche nel mio lavoro dove tutto ha un ordine. Bisogna stare attenti a non mitizzare ciò che non è mito.

Rifletto sui miei lavori: quelli fatti con il goniometro devono essere ingranditi ma sono soddisfatta. Sette pezzi sono finiti, se riesco a farli asciugare bene. Un bel traguardo. Poi ci sono paesaggi più classici basati sulla linea dell’orizzonte.

Mi comunicano che tra un giorno e mezzo saremo ai banchi di Terranova. Questo viaggio mi sembra troppo breve ma non potrò prolungarlo perchè il ritorno in nave sarebbe troppo dispendioso e non avrebbe senso. Gli ultimi giorni stati giorni intensi, ho lavorato quasi sempre. Ho molte idee che andranno sviluppate. Rimangono ancora sette giorni, stiamo navigando verso sud ovest sul 50° parallelo, lungo la linea del Great Circle. The great Circle is the main idea I have on the Atlantic Ocean.

Ieri il giovane canadese Michael ha compiuto 25 anni, l’ho fotografato mentre si affacciava sul mare: mi piacerebbe sviluppare l’idea del “Il viandante sul mare di nebbia” di Caspar Friedrich in chiave contemporanea.

Il fondo fosforescente mi serve per dipingere la nebbia. Poi penso di aver finito questi primi test. Mi è venuta l’idea di lavorare sul Great Circle, sull’orizzonte dell’Atlantico. Avvicinandomi a terra, mi tornano in mente tutti i problemi. Chissà.

 

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28 Giugno. È mattino. Mi sento piena di energia. Cerco di mettere a fuoco i primi concetti per quello che riguarda la pittura del mare. Il Great Circle, la via più breve tra l’Europa e l’America, è l’argomento principale che mi piacerebbe sviluppare. Stamattina alle 4 ho fatto una ripresa all’alba da poppa. Qualcuno mi ha detto che si è vista anche l’aurora boreale, io sinceramente non me ne sono accorta.
Aspetto di arrivare a Terranova, mancano 262 miglia. Da lì inizierà un altro viaggio, non sarà più the Great Circle. La nave si è fermata per dare la possibilità ai marinai di fare delle riparazioni di manutenzione, stanno pitturando i cassoni delle stive. Il mare è bellissimo. È proprio blu cobalto. Ho fatto delle riprese a nave ferma finalmente senza le vibrazioni dei motori. Il capitano mi ha detto che la temperatura dell’acqua è di cinque gradi, non si può fare il bagno. Gabbiani a poppa. Da domani, non penserò più alla pittura, ma soltanto a scattare fotografie. Il percorso da Terranova al lago Erie sarà  molto trafficato: navi, città, chiuse.

h. 10.00 Ancora riprese a nave ferma. Il mare cambia continuamente colore. Oggi è l’ultimo giorno d’Oceano. Voglio raccontare un po’ della mia vita quotidiana. Mi alzo alle sette, tranne i giorni in cui metto la sveglia prima. Alle sette e mezza c’è la colazione tipica dei paesi nordici: the forte con salsicce, uova, formaggi. Io mangio formaggio, pane e marmellata. Alle otto esco a dipingere sul tavolo del pirata dopo aver fissato con una morsa la vecchia camera Canon con i minidvd ai tubi del guardrail dei diversi ponti della nave, poi posiziono una piccola cinepresa digitale in modo che mi riprenda mentre dipingo guardando il mare. Essere en plein air è importante non tanto per copiare quello che si vede ma per dipingere in una realtà diversa.  Come in una performance teatrale. Alle undici e mezza è ora di pranzo, il pasto più ricco perché comprende sia la minestra che il secondo. Il pranzo è abbastanza abbondante, cucina polacca variata dalle sperimentazioni del cuoco. Si tratta di solito di una zuppa brodosa, spesso c’è carne, a volte frutta. Domenica, un gelato. Ci sono due salette, in quella vicino alla cucina mangiano i marinai, l’altra è riservata agli ufficiali. Tre tavoli: uno per il capitano che siede da solo, uno per noi passeggeri, l’altro per i quattro ufficiali. Di solito al pomeriggio faccio delle riprese, oppure metto a posto il materiale raccolto, le etichette sui tapes e a volte continuo a dipingere, anche se non mi piace lavorare a stomaco pieno. Il momento migliore per dipingere è la mattina. Alle cinque e mezza viene servita una cena leggera, poi noi passeggeri andiamo sul ponte di comando. La sera è più da vedere che da dipingere.

h. 15.00 Inizia la nebbia che precede l’arrivo ai banchi di Terranova. Il pomeriggio sono malinconica. Forse è sempre stato così: la mattina sono molto contenta, lavoro, ma il pomeriggio mi sento triste. Mi vengono in mente i problemi della mia famiglia. Penso alla mia vita complicata. Ho sognato che la mamma mi diceva : Sono con te. Ti sono vicina. Spero tanto che sia vero.

h. 15.25 Sono uscita a filmare la nebbia con il suono della sirena, obbligatorio anche se non necessario perché la nave si orienta tramite GPS e radar. Sul ponte di comando mi hanno spiegato che la sirena suona ogni tre minuti perché stanno facendo delle prove. Ho finito di leggere “Terra e Mare” di Carl Shmitt: il concetto di rivoluzione spaziale di cui si parla nel libro oggi si dovrebbe estendere al fatto che grazie al computer  il tragitto della nave è seguito dall’armatore e da tutte le autorità che esigono una costante documentazione. Burocrazia in tempo reale. Ogni giorno c’è un documento da mandare. Tutto questo controllo toglie molto romanticismo ai viaggi per mare. Ho riferito al capitano alcune notizie sulla guerra tra la Spagna di Filippo II e l’Inghilterra di Elisabetta I per il dominio dei mari. Lui mi ha risposto con una frase che si ripete nel mondo della marina mercantile: una volta le navi erano di legno, ma gli uomini di ferro. Oggi è il contrario. Sulle navi di oggi la protezione è notevole. Il trasporto su nave è un traffico importante e si sa sempre dove si è. Può esserci imprevisto, ma non mistero.

h. 15.40 Cito una frase Carl Schmitt “Soltanto oggi diventa per noi possibile un pensiero che in ogni altra epoca sarebbe stato impossibile e che un filosofo tedesco contemporaneo ( Martin Heidegger, nda) ha così espresso: non è il mondo a essere nello spazio, bensì è lo spazio a essere nel mondo”.

h. 15.50 Prima di andare in plancia per un caffè vorrei aggiungere che ho riposto i gessetti. Ho fatto qualche esperimento, ma ora non servono più. Quando saremo al largo di Terranova non sarà più interessante continuare il lavoro a olio. Entro domani chiuderò anche le riprese con la camera fissa, il  Poema della Luce. Ho riempito dieci tapes da sessanta minuti l’uno. Seicento minuti di materiale per il lavoro che vorrei fare con il compositore Maurizio Pisati. Con la Nikon CoolPIx 500 registrerò la seconda parte del viaggio, il fiume San Lorenzo con le chiuse e i due laghi Ontario e Erie fino  all’arrivo.
Sto lavorando a un piccolo pezzo sulla nebbia, sempre sull’orizzonte del Great Circle che diventa convesso invece di concavo. Devo scacciare da sola la tristezza del pomeriggio, anche se sono circondata da persone simpatiche e disponibili come il capitano. Siamo sul 49° parallelo e ci stiamo avvicinando a Terranova. Da domani la costa sarà un referente diverso, emozionalmente e prospettivamente parlando.

29 Giugno. Siamo di fronte alla penisola di Avalon, la punta sud  dell’isola di Terranova. Banchi pescosi e molta nebbia. Non si vede assolutamente niente. Il mare è affascinate. Vento. Continua il forte rollio della nave per via dello swelling del mare. È una zona di icebergs anche in Giugno per cui il comandante è in plancia da parecchio tempo. Gli icebergs tradizionali con la punta che emerge sono riconoscibili sul radar. Altri si chiamano groundless,  molto più infidi perché sembrano sottili lastre di ghiaccio, sotto le quali si nasconde  l’iceberg vero e proprio. Il mare ha un colore viola metallico. Sarà interessante ripeterne il colore, ma oggi sul ponte è impossibile dipingere per il freddo.

h. 08.10 Riprendo la nebbia dal ponte. Viaggiamo alla velocità di 12 nodi sul 46° parallelo, uno più a sud rispetto a ieri: come mi ha spiegato il quarto ufficiale stiamo percorrendo una rotta più meridionale per evitare gli icebergs. È terminato l’attraversamento dell’Atlantico, il mio intento dipingere il mare. I primi lavori su questo concetto si basano sulla forma geometrica realizzata con il goniometro che ricorda lo schermo di un radar e rende l’idea del rapporto di grandezza tra la nave e la vista. Sarebbe impossibile creare questo contrasto dipingendo solo il paesaggio, pur mantenendo la linea curva dell’orizzonte. Una forma che contrasta con i tipici paesaggi marini. Io non dipingo in modo verista.

La costa non si vede, la penisola di Avalon e lo stretto di Caboto si possono solo immaginare. Essere al cospetto della potenza  del movimento del mare è qualcosa che va al di là del fare. Stare su una nave anche se non in tempi eroici è fondamentale per osservare questo elemento naturale così potente nonostante la tecnica.

h. 13.00 Dopo pranzo sono andata in plancia per un caffè. La nave s’inclina molto. Nebbia e sole. Il vento caldo pare sia conseguenza dell’uragano Debbie che si è formato nel golfo del Messico. Siamo al largo della penisola di Avalon, circa all’altezza della baia Saint Mary. Contrariamente a quanto pensavo, passano pochi pescherecci. Non se ne vedono neanche sul radar. Rollio e nebbia. Sembra di vivere la condizione descritta nel libro di Conrad, anche se quella storia si svolse nel Pacifico. Sembra di essere in una dimensione  statica, di attesa. Le onde sono alte tre metri. Il mare è grigio. Fatico a dipingere.

h. 14.50  Ho dormito un’ora. È un giorno noioso anche se ho dipinto. Oltre alla nebbia, il rollio impedisce di camminare. Speravo che l’incontro con Terranova  fosse più significativo, i Grandi Banchi sono sempre stati un mito. Invece non si vede niente. Oggi è proprio una giornata noiosa.

h. 14.45  Da prua riprendo la nebbia nonostante il vento assieme a Johan, il passeggero di Anversa. Stiamo per entrare nello stretto di Caboto. Ho puntato la telecamera verso la costa che non si vede. Il fiato si condensa. Ho imparato che l’orientamento delle onde si vede dall’increspatura, dalla schiuma bianca; ora hanno una direzione sud est e colpiscono la fiancata sinistra della nave. I want to read the procedure for launching the inflatable life raft, in case of sinking. It is very interesting. Number one, automatic release: do not touch this or similar device.  Number two, manual release: find and release manual slip hook. Number three: launch life raft… make sure that the launch area is clear. Through the life raft into the sea. Number four: inflate the life raft. Do not launch the life raft into the sea if it  is not needed!! Well of course. Number five: in case of the ship sinking the life raft is automatically released.

h. 15.00 Ho bisogno di un the. Ho quasi finito i tapes, 10 ore di riprese solo sull’acqua di mare. Nelle mie piccole opere vorrei rappresentare l’abisso osservato dall’alto della nave. Il senso di  grande distanza tra la natura e la tecnica. Lo posso fare attraverso il cono prospettico.

h. 16.40 Mi infastidisce sapere che c’è una destinazione. L’idea di dover arrivare da qualche parte, mi rattrista. Ho pianto pensando a mia madre.  Spero che mi capisca. Per me è importante non avere una destinazione. L’avvicinarsi alla terraferma mi da la sensazione di dover arrivare da qualche parte. Non voglio arrivare da nessuna parte. La prima cosa che farò quando si avvicinerà la costa è telefonare a mio padre.

h. 19.00 A cena uova e hamburger di maiale, niente male. Fuori sole, finalmente. Brucia. Navigare in mare aperto e vedere solo l’orizzonte curvo.

h. 20.00 Sono riuscita a riprendere il tramonto per dieci minuti con la vecchia Canon. Il rosso è come una patina sopra l’acqua. Si vede la luce sopra, non dentro l’acqua. È come un velo. Ora i dieci nastri che riguardano l’Atlantico sono finiti.  Li ho messi in borsa, finito. Paradossalmente, l’idea di infinito che mi comunicava l’Oceano, l’assenza di destinazione e di punti di riferimento, mi davano un senso di stabilità.

30 Giugno. Siamo quasi allo stretto di Caboto. Mi sto lavando i capelli in cabina. Guardo i miei disegni. L’idea del Great Circle c’è. A New York spero di avere la calma per svilupparla. Il vento è diminuito, stiamo viaggiando sul 47° parallelo. Il mare si è calmato, c’è un leggero beccheggio, ma è un’altra cosa rispetto all’Oceano. Anche il colore dell’acqua è cambiato. È più scuro perchè oggi piove. Stiamo andando a Nord verso il Golfo di San Lorenzo. Non si vede la costa. Abbiamo oltrepassato ieri sera il protettorato francese di Saint Pierre et  Michelon e adesso siamo in territorio canadese.

h. 08.15 Sto ritoccando alcuni dipinti pensando a quello che mi ha detto il capitano ieri quando mi ha accompagnata a visitare la stanza del pronto soccorso. C’è un piccolo ospedale con un letto, una bombola a ossigeno, tutto l’occorrente per fare semplici operazioni chirurgiche e  anche un sacco di tela cerata nera ripiegato con i guanti che serve per avvolgere i cadaveri. Non gli ho chiesto se poi li buttano a mare come una volta, ma penso di no. È tutto filmato. Dopo aver letto “Terra e Mare” di Carl Schmitt sto iniziando “Billy Budd the Sailor” di Melville, scrittore straordinario.

Il capitano mi ha raccontato che ogni anno trascorre tre mesi sull’Isolda  e quattro a terra dalla sua famiglia. Si alterna ad un altro capitano. Dipende dalle unions. Il sindacato polacco è molto potente. I due grandi porti polacchi sul mar Baltico sono Danzica e Stettino, che in passato erano famosi cantieri navali. Mi ha detto che lui è solo quand’è per mare perchè non stabilisce nessun rapporto di conoscenza con i membri dell’equipaggio sempre diversi. Pochi di loro ritornano sulla stessa nave. Rispetto alla fine dell’Ottocento, quando Melville navigava sulle baleniere, i marinai sono assunti come fossero impiegati e per quanto i diritti umani siano decisamente migliorati, la presenza dell’uomo sulla nave era più importanti in passato. La tecnica ha cambiato il rapporto con il mito. Oggi gli uomini servono a regolare e controllare gli apparati tecnici. Il comandante redige decine di resoconti ogni giorno e li invia online. Lo sviluppo della tecnica va assecondato a scapito di un comportamento più eroico. La natura rimane una presenza imponente anche se i lavoratori del mare si sono abituati e non si entusiasmano nemmeno più al suo cospetto. La tengono sotto controllo più facilmente che negli anni della conquista coloniale. E` scomparso il mito della scoperta, dell’inaspettato. Gli incidenti avvengono più per incuria  che per disgrazia. Con l’aiuto del computer il carico è più stabile e meno navi affondano per un’errata distribuzione dei pesi. Succedeva soprattutto alle navi che trasportavano grano, molto insidioso se non è compatto perché si sposta nella stiva. Dopo l’ultimo naufragio per questo motivo avvenuto nel 1987 si è deciso a livello internazionale  di imporre alcuni parametri da calcolare con il computer per il caricamento del grano e del mais. Ancora da una parte la tecnica, dall’altro il mito. In questa routine quotidiana non riesco a vedere alcun mito.  L’utopia è il luogo dell’arte e degli artisti. Non è possibile altrimenti. Il mito inteso in senso arcaico come sentirsi parte infinitesimale di un movimento primordiale continuo, quando l’oceano era come il vulcano.

Alcune domande a Gill, la ragazza di Amsterdam che sta andando in USA per restarci :

Vittoria: ” What are your expectations for going to US?”

Gill: “I want to go because of the wild nature. There is more freedom, may be. More possibilities to manifest things that you really like to do. In Europe people are afraid of taking risks. The American dream may be an illusion, but I still feel there are more possibilities. That is my expectation. I would like to work with native Americans. I expect to see poverty and maybe hard life as well. ”

Vittoria: “I am much older than you. I could be your mother and what you say reminds me when I was twenty-three years old and I went to the United States the first time just for vacation. I wanted to have fun. I went to California and I had fun. Then I thought that going to New York I would have more freedom to do what I really liked. It was 1979 and my generation was still attracted by the American culture.”

Gill: “It surprises me that the United States are not popular anymore. I never expected to go to the United States. I wanted to go to the Far East, like India. Then talking with my friends in Amsterdam I found out that still a lot of young people think of migrating to the United States. Because of more possibilities and freedom.” 

Vittoria: “In my opinion there are people who migrate to US because they come from very poor countries. Others, who are migrating to Europe because their countries are at war. They are refugees. Young people from Europe usually want to go to US because there is more money to do scientific researches. I thought that, because of the expansion of the United Europe, young people could travel and work more inside Europe without the idea and the myth that my generation had about the American dream. My generation is still a post –war generation. I was born ten years from the end of the war. The Americans won the war and spread out their culture. My sisters’ children who are your age do not feel like going to US anymore. They are trying to find something interesting within Europe.”

Gill: “I come from Europe and for me Europe is boring.”

Stiamo navigando nel Golfo di San Lorenzo verso l’isola di Anticosti. È una giornata tranquilla e soleggiata. Finalmente un giorno di vacanza, mi stendo a prendere il sole. Domani mattina inizierà l’ultima parte del viaggio lungo il fiume San Lorenzo; il secondo pilota ci guiderà nel primo tratto.

h. 00.00. È mezzanotte e la luna è bellissima.

1 Luglio.  h. 09.00 Siamo all’inizio del fiume San Lorenzo nel Quebec, la profondità di 432 metri è ancora oceanica, l’acqua è salata. Si possono vedere le due coste, a destra e a sinistra rispetto alla prua della nave. Le onde sono cambiate: molto più brevi nonostante il vento, sembrano quasi le onde di un lago. Da qui in poi mi concentrerò sulla fotografia. Il pomeriggio saliranno in nave altre due persone, un pilota e un ingegnere meccanico incaricato di sostituire un pezzo del timone di prua. Di nuovo rapporti con il mondo.

h. 09.40 Sto inserendo al computer i dati visivi raccolti ieri. Ho davanti agli occhi l’immagine e il ricordo del tramonto. Tra la fotografia e l’esperienza diretta c’è un abisso. Nel senso che la fotografia è qualcosa che rimanda ad un’esperienza anche se non è stata vissuta in prima persona. Rimane una rappresentazione decontestualizzata. Anche se fossi stata cieca il tramonto di ieri sera sarebbe stato grandioso. La potenza sprigionata dall’apparizione delle cose non si ritrova nella fotografia, nella ripresa video e in nessuna immagine riprodotta perchè il vissuto è più complesso di un’ immagine.
Guardo una foto in cui il tramonto è quasi alla fine, vicino alla notte e devo dire che i colori … sono colori. M’impressiona la volontà della mia generazione e di quella precedente di eliminare la pittura, che è sostanzialmente colore. Non solo, naturalmente. La pittura è anche una forma di filosofia, d’interpretazione del mondo. Sono molto dispiaciuta di appartenere ad una generazione che si fa beffe dell’arte. Penso in questo senso che l’arte si sia bloccata.  Penso che l’arte debba riprendere l’esperienza personale e fisica del mondo per quello che è, non per quello che viene stravolto forzatamente. Parlo anche dell’esperienza di questi marinai che non sanno niente dei miti del mare, viaggiano di routine tutto l’anno e se scattano una fotografia, non immortalano il tramonto ma le ragazze che passano  sulle sponde del fiume. La dignità del lavoro. Saper accettare le sfide.

Non ho mai avuto uno spiccato interesse nei confronti della natura, ma ciò che mi ha più affascinata in questo viaggio sono i colori ( ieri il tramonto andava dal rosa shocking al viola al porpora … straordinario). Colori saturi e movimento continuo. Non c’è mai un punto statico. Non c’è come nell’arte di oggi un mondo che rappresenta se stesso, tutto è in continuo movimento. Un’altra tematica è il punto di vista del soggetto, della scelta personale. Quando navighi l’Oceano ti accorgi di essere su una palla e questo è il mio punto di vista: un’orizzonte curvo più definito che quello che studiai a suo tempo in Leonardo. Il colore, il movimento e la distanza,  sono la mia visione delle cose.

Oltre al punto di vista curvo che voglio rendere convesso, ai colori saturi, ai passaggi di luce, al movimento delle onde, oltre a tutto questo c’è l’abisso. Non parlo in senso geologico, ma come impressione primordiale. Se salgo sulla scala del quarto ponte e osservo il mare mi sembra di averlo sotto i piedi, di appartenergli anche se a distanza. Nell’abisso riconosco qualcosa di familiare, attraente come forse tutto ciò che si teme.

Solo a distanza e dall’alto posso percepire la familiarità con il mondo. Sono in cabina, in questo momento stiamo attraversando il Laurentian Channel, canale che mescola le acque salate dell’Oceano  con quelle del fiume. Ci stiamo avvicinando a Les Escoumins, avamposto sulle coste del Quebec dove incontreremo il secondo pilota. (Il primo era la signora olandese che ha guidato la nave fuori dal porto di IJmuiden.)

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Il Mare di Melville 4

h. 15.15 Rispetto all’Europa siamo a cinque ore in meno. Ho ripreso il fiume S. Lorenzo, di cui stiamo attraversando la parte più vasta. Le acque sono cambiate. Le onde sono brevi e ritmate, più calme anche se il vento è ancora molto forte. La costa è bassa, modeste alture in lontananza. Il profilo della costa. Ci stiamo avvicinando: si vedono le case al piccolo porto di Les Escoumins. Da questo momento in poi ci saranno le chiuse e io salgo in coperta perchè voglio impararne tutti i nomi: Saint Lambert, Saint Beauharnois, lower and upper, Snell, Eisenhower, Iroquois. Più le sette chiuse e un passaggio del Welland Canal, dopo il lago Ontario. C’è la partita: Italy against Spain.

h. 16.35 Siamo in Canada, fermi a Les Escoumins. Aspettiamo che venga riparato il sistema di controllo elettronico del timone di prua. Ho chiamato mio padre. E` attiva la linea telefonica per il telefono satellitare di bordo. Ho chiamato l’amica Lisa Dunn di New York per anticiparle il mio arrivo verso il 6 Luglio. Si ritorna, la vita terrena si avvicina. Preferivo l’Oceano. Il viaggio è stato troppo breve.

h. 20.00 Stiamo andando a recuperare il pilota e a lasciare gli ingegneri che hanno riparato il motore di prua. Cambieremo spesso pilota durante la navigazione del fiume. È di solito un ex capitano, esperto di questa rotta e dei fondali del fiume. Ho parlato con il cuoco e con il magazziniere. Due polacchi, uno sapeva solo la sua lingua. L’altro provava a tradurre in inglese. Mi hanno raccontato la loro storia e ho notato la grande differenza tra gli ufficiali e i marinai semplici. Parlando con loro sembra di leggere i libri di avventure sul mare. Abbiamo parlato della Polonia e dell’Europa unita, loro non sono d’accordo. In questo viaggio ho incontrato parecchia gente non molto soddisfatta della politica dell’Europa Unita. Molta disoccupazione. Dalla Polonia pare che siano emigrati in Europa cinque milioni di persone. L’America non è più una meta per gli europei a causa della difficoltà di ottenere il visto, mentre nell’Europa unita gli spostamenti sono più facili sul piano giuridico. Mi hanno detto che molti polacchi sono andati a lavorare in Norvegia e in Svezia, due milioni in Germania, altri in Italia e in Spagna.

h. 22.00 Ho messo la sveglia alle quattro perchè voglio filmare l’arrivo della nave a Quebec City. Il Primo Luglio è il Canada day, si festeggia la liberazione dagli Inglesi. Forse si vedranno fuochi d’artificio. Per quanto senta molta melanconia per avere lasciato l’Oceano e il senso di potenza e vitalità che mi dava, il fiume che scorre via è bellissimo. È un tipo di mondo un mondo totalmente diverso. Forse sono inquieta perché manca poco all’arrivo. Non provavo smarrimento di fronte alle onde, all’orizzonte e al cielo dell’Oceano, sentivo piuttosto  l’intimità di appartenere al mondo. Con la comparsa della terraferma torno a far parte della civiltà con i suoi problemi, non mi piace.

2 Luglio. h. 04.30 All’alba ho visto Quebec City da lontano, ora stiamo attraversando alla velocità di dodici nodi le acque del fiume San Lorenzo in direzione di Montreal. Si vedono le due coste. Il fiume non m’interessa a livello pittorico, è solo un bel paesaggio. È salito un altro pilota, il terzo dall’inizio del viaggio. I piloti fanno turni di alcune ore guidando la nave tra fondali bassi e isole e comandando la rotta al timoniere.

h. 10.35 Abbiamo superato due ponti. Il fiume è ancora piuttosto ampio, ma si restringerà prima di arrivare alla chiusa di Saint Lambert. Rilassante. Si vedono fabbriche, riprende la vecchia civiltà. Ferraglia, industrializzazione dello sfruttamento delle materie prime. Le case sulla costa, il traffico di navi.

h. 13.30 Ho telefonato ad alcune amiche newyorkesi, sto tornando alla normalità e mi spaventa molto. Il fiume non mi da nessuna idea, per il momento. Sto facendo riprese e fotografie. Ho visto una fabbrica di titanio; il Canada è ricco di materie prime. Abbiamo superato le isole del tratto di fiume che forma il Lac Saint Pierre e stiamo andando verso Montreal. Ho chiacchierato con il terzo pilota, simpatico. Lui è di Montreal.

L’acqua è verde trasparente. Dopo quest’avventura non ho voglia di riprendere a fare quello che facevo prima, di rivedere le solite persone. Per ora non ho alternativa.

A poppa c’è molto rumore. C’è molta differenza tra avere una destinazione, come adesso che stiamo percorrendo il fiume per arrivare a Cleveland, e stare sull’Oceano con l’idea di non andare da nessuna parte. Era la dimensione più appropriata per pensare a me stessa al mio lavoro, mentre a New York ci si preoccupa solo della carriera. L’Oceano era il luogo adatto a me. Il viaggio è stato troppo breve. Poco spazio per lavorare. h. 19.55 Abbiamo impiegato un’ora per uscire dalla chiusa di Saint Lambert. Ho filmato tutto, non sapevo bene come funziona una chiusa. È un meccanismo abbastanza lento e noioso. Abbiamo visto in lontananza Montreal e stiamo attraversando le otto chiuse del canale artificiale che permettono di risalire il fiume, il Saint Lawrence See Canal. Ho preso molto sole e prenotato un albergo per qualche notte a New York, per riprendere il ritmo del mio lavoro e della città.

h. 21.00 Fra un’ora arriveremo alle due chiuse di Santa Caterina. In plancia c’è movimento. È arrivato il quinto pilota, un uomo molto duro, una specie di capitano Akab dal volto abbronzato e rugoso. Il paesaggio è splendido, esco ad ammirarne i meravigliosi colori.

3 Luglio.  Siamo molto vicini al confine americano; oltrepassiamo in questo momento la chiusa di Snell. Il fiume è molto più selvaggio, sulle sponde non ci sono città, solamente boschi.  Approdiamo in territorio americano, nello stato di New York. Attraversiamo un parco nazionale prima di raggiungere l’ultima delle chiuse del San Lorenzo, la chiusa Eisenhouer. Snell e Eisenhouer sono distanti neanche un miglio tra l’una e l’altra e poi s’entrerà nel lago Ontario. L’equipaggio è specializzato nella navigazione fluviale. Non so che lavoro nascerà da quest’ultima esperienza. Sull’Oceano ho avuto molte idee, qui continuo ad osservare, riprendere e fotografare.

h. 10.00 Ho filmato la chiusa di Massena nello stato di New York, ai confini col Canada; era l’ultima del fiume San Lorenzo. L’acqua scorre, è più trasparente. Calma, trascendenza. L’Oceano è un ambiente mitico, mentre il fiume è poetico.

h. 16.35 La nave procede sul fiume San Lorenzo, siamo vicini ai Grandi Laghi. Stiamo navigando verso il tratto di fiume chiamato Thousand Islands a causa della miriade di isolette e scogli: sono isole private abitate con abitazioni estive, spesso a pelo d’acqua e collegate solo da motoscafi. Il fiume è grigio- argento come il cielo nuvoloso. Non ci sono più i colori vividi di ieri. Questo fiume è ghiacciato per tre mesi all’anno. Preferisco la Sardegna. Sta per iniziare la terza fase del viaggio, quella dei Grandi Laghi: attraverseremo l’ Ontario e l’ Erie, io scenderò a Cleveland mentre l’ Isolda proseguirà per Toledo sul lago Superior. Mi sto preparando ad affrontare le chiuse del Welland Canal: per superare la scarpata delle Niagara Falls la nave si dovrà sollevare di quasi 100 metri. Il capitano mi ha dato il permesso di andare a prua per filmare le manovre per entrare nella chiusa.

h. 22.00 Stiamo entrando nel lago Ontario, piove e anche le previsioni per domani non sono buone.

4 Luglio. Festa dell’indipendenza americana. Siamo all’imbocco del Welland Canal, il canale artificiale che collega il Lago Ontario al Lago Erie. Per me significa il rientro in America, spero di aver fortuna. Fa caldo, sono contenta, sento l’accento degli americani veri, non il newyorkese broken English.
Sono a poppa sulla parte più alta della nave. È fantastico vedere il salto della prima chiusa. Oggi grande giorno, voglio filmare le otto chiuse. Soprattutto le prime tre. È impressionante superare la scarpata delle cascate del Niagara attraverso sette chiuse, l’ottava è un passaggio per entrare al livello del lago Erie. Stiamo attraccando al molo davanti alla prima chiusa del Welland Canal. Si sente il rumore delle catene.  I gabbiani aspettano le navi. Caldo afoso ma lo sopporto molto bene.  Independence Day, un bel giorno per entrare in territorio USA in nave dopo tante volte che sono arrivata in aereo. (Differenti mezzi di trasporto generano spazi cognitivi diversi). Arrivare in nave è commovente.

Chissà che il mio sogno americano non si realizzi, anche se non so quale sia veramente. A 57 anni è difficile avere un sogno, ma quando sono in USA mi sento più libera. L’Italia non mi ha dato molto. Ho buoni amici a Milano, ma ho ricevuto poco interesse al mio lavoro. Bologna, la città dove sono nata, mi ha dato meno di tutte le altre. In USA ci sono ancora spazio, apertura mentale e più rispetto, ma non più possibilità: anche l’America è un paese vecchio e saturo. Ho appena parlato col settimo pilota. Il sette è il mio numero fortunato – sfortunato. Sono nata il 7 di Aprile . Rimpiango mia madre che sarebbe stata molto contenta di vedere le immagini che riprendo adesso. È morta troppo presto.

h. 10.25 Seconda chiusa. Sono indecisa se fare le riprese dall’alto o ancora dalla prua.

h. 16. 50 Quasi all’ottava e ultima chiusa, Port Colburn. “Is this a lock? No, it is just the end of the Canal”. Il viaggio è finito, questa notte attraverseremo il lago Erie . Mi dispiace attraversare sia l’Ontario che l’Erie di notte. Domani si arriverà al porto di Cleveland. Non ho niente da dire.

h. 22.00 Siamo sul lago Erie. Non si vede la costa per la foschia. Navighiamo a 12 miglia dalla costa.
Alcune considerazioni: anzitutto la complessità di questo viaggio in cui ho attraversato il mare, il fiume e il lago. E’ durato pochi giorni, dal 22 Giugno al 4 Luglio. Il tragitto in nave è una metafora della vita terrena. Oggi c’è la tecnica e tutto è regolamentato dal computer, i grandi eroi si sono estinti. Come diceva spesso il capitano: “Una volta le navi erano di legno, gli uomini di ferro, oggi le navi sono di ferro e gli uomini no.” Però il computer si è rotto appena entrati nell’Oceano Atlantico, quindi c’è ancora bisogno di uomini di ferro (o di coltan!) che decidano. La nave è protettiva come lo è la società, tutto è concentrato, c’è anche un piccolo ospedale con il sacco nero per i cadaveri. Il tempo è ottimizzato. C’è un capo come in una comunità o clan. Il capitano dell’Isolda dal nome impronunciabile è un uomo eccezionalmente gentile, nonostante il suo ruolo. Oggi mi ha permesso di stare a prua, in mezzo agli uomini che gettavano le cime, per tutto il tempo delle manovre di transito attraverso le chiuse. Su questa nave c’è stata molta tolleranza e gentilezza nei confronti di noi passeggeri.

Viaggiare in nave ha ancora qualcosa di affascinante e misterioso che deriva dall’assoluta mancanza di confini. La vita a bordo: intensità, organizzazione, disciplina, azioni di routine e naturalmente … il mare.

Alcune considerazioni dopo il viaggio, mentre stavo a New York per elaborare un’idea sul dipingere il mare.

13 Luglio. Sono arrivata a Cleveland il 5 mattina. Ho trascorso l’ultima notte sull’Isolda e la mattina del giorno dopo sono partita in l’autobus per New York. Quest’esperienza è stata troppo breve per riuscire ad analizzare tutti gli aspetti che m’interessavano. Il viaggio in mare non è solo l’immersione in un paesaggio, ma un modo di vivere che va assimilato lentamente. Il ritorno a New York è stato difficile, la città non è più così entusiasmante, forse non è rimasto nulla di coinvolgente nella cultura urbana delle grandi metropoli. Preferisco spostarmi nei luoghi dei miei diversi progetti, qualsiasi essi siano.

15 Luglio. New York. Sono in studio ormai da otto giorni. Continuo a pensare di partire ancora per il mare. Adesso devo realizzare i pezzi per la mostra di New York al SUNY Maritime College e per quella di Milano che si terrà l’inverno prossimo ai Frigoriferi Milanesi. Ho dipinto alcuni piccoli pezzi sul concetto del Great Circle, la via più breve tra l’Europa e le Americhe. Si tratta di disegni che si basano sulla lontananza, sul punto di vista. È un lavoro sull’Atlantico. Non so ancora se è un’idea riuscita.

27 Luglio. Sto lavorando sulla saturazione dei colori, qualche forma geometrica sta venendo fuori sul tema del Great Circle. Alcune note sul colore scritte in navigazione. Tramonti: il giallo il rosso e il rosa come velature su una foto che sarà sui toni del grigio–blu e sopra dipingerò il tramonto. Ho realizzato diversi fondi fosforescenti e poi altri rosa blu e arancio. Vorrei ricostruire il viaggio in studio seguendo il diario di bordo. Rifare il viaggio attraverso le immagini conservando nella memoria la potenza dell’esperienza diretta. La pittura dovrebbe rappresentare l’esperienza. La fotografia e il disegno sono memoria visiva.
Il movimento delle onde, la massa d’acqua, la vastità dell’Oceano e del fiume San Lorenzo, la furia umana d’industrializzare il trasporto in acqua ovunque ci siano materie prime. Le locks, gli antri di ferro vecchio delle tante chiuse, ricordano l’era industriale del passato.

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27 Luglio. Sono passati esattamente 21 giorni dal mio arrivo a New York. Lavoro in studio da sola, faccio molta fatica sul piano finanziario, pagato l’affitto mi rimane poco. Spero di riuscire a vendere altri dipinti sul mare ad amici. Sto realizzando un’edizione limitata di 100 pezzi di cui 73 sono stati venduti in anticipo a costo fisso e basso tra l’ estate del 2011 e quella del 2012.

18 Dicembre. Tra 15 giorni partirò per l’Italia dove starò tre mesi. Devo allestire la mostra a Milano e consegnare i pezzi che i miei sostenitori hanno acquistato prima e durante il viaggio. Ho  comprato il biglietto aereo.  Sono in studio e sono le 4:45 pm, ora di New York.