Poesie

In Creativity by Selma Asotić

Photo Credit: Alessandra Capodacqua

ci piombano addosso

i dottorandi americani, desiderosi di studiare questa parte del mondo così spesso afflitta da esplosioni di violenza interetnica. Prima del loro arrivo non sapevamo che l’omicidio fosse un fenomeno indigeno delle nostre mani, una cosa che fiorisce a intervalli regolari come una sonora risata della storia. Nick, dal Connecticut, è qui per indagare. Laureato in studi sulla pace, ogni volta che c’è una guerra Nick dal Connecticut viene schierato per diffondere il buon senso, fare le domande giuste – perché, invece di, perché no. Più guerreggiamo e più abbiamo bisogno di Nick dal Connecticut, qualche altro genocidio e si unirà alla cattedra. O Nick dal Connecticut! Verremo per te, intascheremo venti dollari per il nostro consenso informato. Saremo i tuoi informatori locali. Convenientemente anonimi. Pronti a parlare al momento giusto. Così facciamo, Nick dal Connecticut, il tuo è l’oltraggio di tutte le persone i cui paesi non avrebbero mai fatto ciò. La tua è un’anima tenera, la compassione ti cola dal viso fino al pavimento. Serpeggia per la stanza e sulle nostre gambe. Lascia una traccia di bava calda che ci brucia la pelle. Come possiamo lavare via il tuo dispiacere? Non importa cosa diciamo, tu e i tuoi capelli color grano non saprete mai quanto velocemente si allungano le ombre quando cerchi di superarle. Anche tu sei il dolce bambino di qualcuno, il tuo nome amichevole è Garamond, tua madre al telefono con la zia Linda: “Sono così felice che possa fare questa esperienza”. O Nick dal Connecticut! È il piano di marmo della cucina di tua madre che bramiamo, la ciocca bionda che si muove, la dolce ignoranza della lama del macellaio. Cosa può sapere delle cose che taglia? Nei ringraziamenti esprimerete sincera gratitudine ai sopravvissuti le cui storie testimoniano la necessità di una giustizia riparativa e di una riconciliazione trasversale nello spazio subliminale dei contesti post-bellici. Dopo di voi restiamo a lungo con gli occhi spalancati, cercando di ricordare i nostri nomi. La bava a noi cola sul mento. Perché ci immaginiamo di legarti a una sedia e di spaccarti la testa, piccolo e dolce Nick dal Connecticut.

dolaze po nas

zapadni doktoranti, u prostorijama nevladine organizacije nude dvadeset dolara za naš informirani pristanak. U našoj su zemlji kompleksnih međuetničkih odnosa kako bi istražili mehanizme nasilja. Prije njih, nismo ni znali da je ubistvo autohtono našim rukama, da iz njih provaljuje gromoglasno kao smijeh povijesti. Noa iz Osloa tu je da pojasni. Gdjegod se zapodjene rat tamo šalju Nou iz Osloa, doktoranta mirovnih studija, da širi zdrav razum, postavi pravo pitanje—zašto, umjesto zašto da ne? Što više ratujemo to više trebamo Nou iz Osloa, još par genocida i njegova je profesura. O Noa iz Osloa! Mi ćemo ti pomoći, biti tvoji, samo tvoji, lični lokalni informanti, pogodno anonimni, spremni govoriti na mig. I govorimo, a ti, o Noa iz Osloa, sve k srcu primaš. Tvoja zgranutost zgranutost je svih čije zemlje ne bi nikad, baš nikad. Tvoje saosjećanje gusto je i kapa na pod, gmiže prema nama, pentra se uz naše noge. Na koži ostavlja vreli trag sluzi. Kako oprati tvoje ne mogu ni zamisliti, vrlo mi je žao. I ti si nečiji dragi mali dječak, tvom imenu pristaje svaki font, tvoja mama na telefonu sa drugaricom tako mi je drago što je imao jedno takvo iskustvo. O Noa iz Osloa! Mermerna površina u tvojoj kuhinji, bezbrižni uvojak tvoje majke, to je ono za čime žudimo. Za nježnom nesvijesti mesareve oštrice. Kako ona može znati šta kasapi? Ma šta mi rekli, ti i zlaćano klasje tvojih vlasi nikad nećete znati kojom se brzinom duže sjenke kad ih pokušaš preteći. U zahvalama spominješ hrabrost preživjelih čije priče svjedoče o potrebi restorativne pravde i transverzalnog pomirenja u subliminalnim prostorima postkonfliktnih konteksta. Poslije tebe, ležimo dugo, širom otvorenih očiju, pokušavajući se sjetiti svojih imena. Niz bradu nam cure bale. Jer zamišljamo tebe, svezanog za stolicu, tvoje bilješke spaljene, tvoj vrat u našim šakama, o dragi, mali Noa iz Osloa.

lezioni da una guerra

non finisce mai.
Dopo il chierico, il ladro e il comandante capo viene
l’intellettuale. E non necessariamente in quest’ordine.
In camere d’albergo, anni dopo, si sogna
un volto dietro le porte chiuse, la punta di una pistola
puntata alla nuca, il destino forse ritardato
eppure implacabile come gli occhi
di Marina Tsvetaeva. Ogni volta è la prima volta.
perché il corpo ricorda, ma non impara nulla.
non finisce mai. Nuovi nomi
ora sanguinano fra i titoli della CNN, al posto della vostra casa in fiamme
lo schermo mostra un uomo che consegna il suo bambino a un soldato.
Le sue mani sono le stesse mani di tuo padre,
o del padre di tuo padre, la stessa differenza.
Siete da qualche parte, tra i beati, in qualche piazza
sorseggiate un espresso, la donna accanto a voi dice
che orrore. Il tuo disprezzo fiorisce prezioso e puro.
E non finisce mai. La guerra ti insegue attraverso i continenti
in carovane stracciate. Ogni guerra è la tua guerra. Quando al valico di frontiera
un poliziotto americano ti chiede da dove vieni, tu indichi un luogo che sta scomparendo.
Tutto ciò sta scomparendo. al supermercato,
tra le melanzane, i mirtilli del Perù a dicembre,
il tuo cuore di coniglio fugge dalla consapevolezza che siamo tutti in coda
alla cassa per sentire cinqueecinquantaperfavore
e ti ricorderai
le tavolette di cioccolato nel pugno di un ufficiale dell’UNPROFOR,
le carte con i bei ragazzi biondi che dicono di chiamarsi backstreet.
È qui che è iniziato, il tuo prezioso,
il tuo sincero disprezzo per chiunque abbia qualcosa da dare.
La corsa non ha mai fine.
Dietro di te, la guerra trascina le sue vecchie ossa. Legge
un articolo di un intellettuale preoccupato: dobbiamo fermare la balcanizzazione’America.
Tu ridi, così dolcemente, tu e la tua guerra.
Dalla tua bocca fuoriesce un minerale
di origine sospetta. Sovrappensiero
parli alle camicie stirate: hai mai sentito
parlare del ciclo delle ossa? L’uomo è prima
pelle e ossa, poi solo ossa in pieno giorno, osso
nel terreno, spunta nel tuo giardino con le alluvioni di maggio,
lo raccogli per mescolare il tè perché la tua guerra
ha sviluppato una brutta tosse.
Nel giorno del ringraziamento, scoppiano i fuochi d’artificio e ti nascondi
sotto il tavolo. Il corpo ricorda,
ma non impara nulla.
Bisogna convincere il proprio corpo che è sopravvissuto.
Non ha mai fine. Dopo il chierico, il ladro e il comandante in capo
viene l’investitore. Il tuo disprezzo
fiorisce prezioso e puro. Un newyorkese
scrive in un tweet: la compassione non è la prima cosa che ci viene in mente
quando si pensa ai Balcani.
Ridete, così dolcemente, voi e la vostra guerra.
poi devi portarla in bagno,
le sostieni la testa mentre vomita, la conforti.
Va tutto bene, vecchia mia,
mi ricordo ancora di te.
disgustata da te stessa, ti siedi accanto a lei
sulle piastrelle fredde.
Perché non c’è più niente da fare,
e non c’è nessun altro qui,
tranne te
e la tua guerra.

lekcije o ratu

Nikad se ne završava.
Poslije kandila, rafala i generala dolazi
intelektualac. Ne nužno tim redoslijedom.
U hotelskim sobama godinama kasnije sanjaš
lice iza vrata, pritisak puške na potiljku, sudbinu
možda odgođenu, ali neumoljivu
kao oči Marine Cvetajeve. Svaki put je prvi put.
Jer tijelo pamti, ali ne nauči ništa.
Nikad se ne završava. Neka tuđa imena sad krvare
na Si-En-Enu, umjesto tvoje zapaljene kuće u kadru jedan čovjek
predaje dijete vojniku. Njegove oči
oči su tvog oca ili oca tvog oca, nije ni bitno. Ti si negdje,
na nekom trgu sad piješ kapućino, gospođa pored tebe kaže:
Kakav užas. Tvoj prezir pupa prelijep i svet.
Nikad se ne završava. Rat se vucara za tobom kroz kontinente
u dronjavim karavanima. Svaki rat je tvoj. Kad te na granici
američki policajac pita odakle si, ti prstom pokažeš
na sva mjesta koja nestaju. U supermarketu, među patlidžanima,
borovnicama iz Perua u decembru, tvoje zečje srce bježi
pred saznanjem da ćemo svi umrijeti.
Na kasi čuješ pedesetpetdolaraišezdeset i sjetiš se
čokoladica u šakama unproforca, plavušana na sličicama za koje
kaže da se zovu
Backstreet Boys. Tada je počeo, tvoj prelijepi,
tvoj sveti prezir prema svakome ko ima nešto za dati.
Nikad se ne završava. Ovo bježanje.
Rat ide za tobom i jeca od kostobolje. Čita tekst
zabrinutog intelektualca: Moramo spasiti Ameriku od balkanizacije.
Smijete se ti i tvoj rat.

Iz vaših usta sipa ruda
sumnjivog porijekla. U prolazu
govoriš ispeglanim košuljama: Znate li
za kruženje kostiju u prirodi? Čovjek je najprije
koža i kost, onda samo kost usred bijela dana,
kost u zemlji, ispliva za majskih kiša u tvom vrtu,
ti tom kosti miješaš čaj, jer tvoj rat razvio je gadan kašalj.
Za praznik puknu
vatrometi, ti šmugneš pod stol.
Tijelo pamti, ali ne nauči ništa.
Teško je uvjeriti vlastito tijelo da je preživjelo.
Nikad se ne završava. Poslije kandila, rafala i generala
dolazi investitor. Tvoj prezir pupa
prelijep i svet. Na Tviteru čitaš
kolumnistu Njujorkera: Saosjećajnost nije prva stvar
koja padne na pamet kad neko kaže Balkan.
Smijete se ti i tvoj rat. Smijete se, temeljito balkanizirani.
Onda se tvoj rat zakašlje i ti ga moraš
odvesti u vece. Držiš mu glavu dok povraća, tješiš ga:
U redu je, stari, ja te se još sjećam.
Gadiš se sama sebi dok sjedite, rame uz rame,
na hladnim pločicama. Jer ovdje se nema
šta drugo raditi, i niko drugi nije tu,
samo ti i tvoj rat.

 

 

 

 

 

 

prima volta nell’unico bar per lesbiche della mia città

Santo buco nero nel muro
stasera indosso la mia miglior
disperazione e un sacco di pelle di ossa tre stirpi
hanno terremotato fino a ridursi in macerie.
Come la luce sono venuta
per non andarmene mai.
Nei bagni le ragazze si alzano
come alleluia premute contro le porte.
Voglio quello che voglio, basilica dell’inguine,
in te, lo dichiaro, bocche onniscienti possono cantare
un corpo nel futuro.
Sto solo aspettando
di essere toccata esattamente
dove voglio scomparire    e se una mano
dovesse raggiungere il mio fondo schiena, potrebbe trovare
tutto già perdonato.        Non chiamarlo desiderio.
Sto cercando un palmo su cui disunirmi
e so che hai visto le stelle
morire prima di me, ma mai così
così acutamente, mia
volta che piange fumo, prendimi così come sono, resa steppa
e ancora intera, senza paura,
mentre tremo ancora per poco.

prvi put u jedinom lezbijskom baru u mom gradu

Crna rupo u zidu,
večeras nosim svoj najbolji očaj i kožu
punu kostiju što su ih tri džina tresnula u ruševine.
Poput svjetlosti
došla sam da ostanem.
Iza vrata vecea djevojke
uzdižu se kao aleluja, rekla sam želim
to što želim, baziliko znoja,
ovdje sveznajuća usta mogu ispjevati tijelo u budućnost.
Ja samo čekam
da me neko dodirne baš tamo
gdje želim nestati, i kad bi ruka
potražila moja krsta pronašla bi sve
već oprošteno.       Ne reci želja.
Tražim dlan na kojem mogu sagorjeti i znam
da već vidio si sunca, ali nikada
jedno ovako bespoštedno, moj svode
ugljenisanih uzdaha,
uzmi me ovakvu kakva jesam, prerijsku
i još cijelu, neustrašivu,
drhteći pomalo.

matrilineare

Una è sciolta
in fili, un’altra tesse
una rete, una terza raccoglie.

Una conta gli anni
sui polsi, un’altra
piega le sbarre, una terza fugge.

Una infila una spina
sotto la lingua, un’altra
si fa crescere la gola, una terza persiste.

Una morde il pugno
che le imbavaglia la bocca, un’altra
ingoia i denti. Una terza si mette a spiare.
Parla.

matrilinearnost

Jednu rastoče
na konce, druga
isplete mrežu, treća zahvati.

Jedna na koži
zareže godine, druga savije
rešetke, treća istupi.

Jedna pod jezik
ušuška trn, druga uzgoji
grlo, treća se usudi.

Jedna ugrize
kamen u ustima, druga
proguta zube. Treća pljune.
Progovori.

la pelle di mio padre ricorda la superficie della luna

Ti hanno detto che le schegge rendono gli uomini
celestiali, per questo ti sei arruolato
nell’esercito. In piena estate, quando le banderuole
giostrano, tu scagli il tuo silenzio
sulla nostra casa. Nulla di male
ci accadrà ora, non con te
sentinella ai margini
del nostro sonno, a guardia
contro i ladri di pace.

In salotto io e te mummifichiamo
aspettando che la pioggia passi.
La polvere si deposita sulle nostre palpebre, il colerico
mogano. Se mai dovessi parlare, legherei
i miei capelli agli zoccoli della tua voce,
Avrei qui la mia morte trascinando
ciò che i sogni d’acqua hanno affondato. Ti chiederei
se hai visto le talpe
in giardino, il nido degli uccelli
sotto la grondaia. Ti chiederei quante
ne hai catturate. Quante ne hai uccise?

koža mog oca izgleda kao površina mjeseca, a napolju pada kiša

Rekli su ti da šrapneli čine muškarce
nebeskim, zato si otišao u vojsku.
Usred ljeta, kad se vjetrokazi
umisle vrtuljcima, ti prekrivaš
našu kuću tišinom, zatežeš je preko napuklih
crijepova. Ništa nam se loše
neće desiti. Ne sada
kad stražariš na ivici
naših snova, čuvajući nas
od mirokradica.

U dnevnoj sobi ti i ja
buđamo u mumije. Prašina se taloži
na našim kapcima, tamnom
mahagoniju. Ako bi progovorio,
zavezala bih kosu za kopita
tvog glasa, pustila da me raznose
po vrelom uglju riječi
kojih smo se prekasno sjetili.
Pitala bih te jesi li vidio
krtičnjake u vrtu, gnijezdo stršljena
pod krovom. Pitala bih te
jesi li kojeg zarobio.
Koliko si ih ubio?

nana

Nel mio sogno entra
in casa sua attraverso
una finestra rotta, sulla schiena

un fuoco selvaggio. Lo posa
al centro della
della stanza, accanto

accanto alla sua dote di denti
e una premonizione.
Il marito

è un uomo colto,
ma quando a vent’anni
il fuso lascia

il suo grembo crivellato
di battiti, lei sa
più di quanto lui saprà mai.

Il fuoco selvaggio brucia,
ogni fiamma è una striscia
sulla fronte.

Nel mio sogno
lei entra in casa sua
attraverso una finestra rotta,

sulla schiena, il tradimento. Ramadan,
e niente sale per il brodo. Vuota i dotti lacrimali
i suoi dotti lacrimali in una pentola, sente

voci dotte nei muri
le sussurrano dell’Iblis
che è la donna. Le piccole foglie

lungo la sua colonna vertebrale si riempiono di semi
di calore. Nel profondo di lei
è una conoscenza pronta a immolarsi.

Nel mio sogno entra nella sua casa
attraverso una finestra rotta,
sulla schiena il centesimo

nome di Dio. Nel mio sogno, lei guarda
me. Mi guarda a lungo,
la sua fronte è un letto di cenere arata.

Scalpita dai suoi occhi una dote
di brace. Mi guarda.
La chiamo haqq. La chiamo nur.

nana

Sanjam je kako ulazi
u vlastitu kuću kroz razbijen prozor,
na leđima joj šumski požar.

Spušta ga nasred sobe
pored miraza stisnute vilice
i predskazanja,

četiri puta je njena utroba
izrešetena otkucajima,
četiri puta je saznala
sve što u životu treba da zna.

Nasred sobe gori
šumski požar, od čela joj
pravi plamenorez.

Sanjam je
kako ulazi u vlastitu kuću
kroz razbijen prozor,
na leđima joj vjerolomstvo.

Kad u Ramazan zacvili glad u kolijevkama,
ona u lonac iscijedi sol
vlastitih bjeonjača, čuje

učena muška usta
kako preživaju priče
o Iblisu u ženi —

priperci duž njene kičme
kriju sjemena vreline, duboko u njoj
jedno znanje zahvata dim.

Sanjam je kako ulazi u vlastitu kuću
kroz razbijen prozor, na leđima joj stoto
božje ime.

Sanjam je kako me gleda,
gleda me dugo,
čelo joj preorano zgarište.

Predaje mi miraz iskri.
Gleda me.
Zovem je hak. Zovem je nur.

nessuno scrive da casa

Qualcosa si schianta sempre nel cielo sopra di noi.
Cerco di ricordare
le tue mani che trattengono le lucciole.
Fine agosto.
Sulla nostra pelle l’estate
non voleva smettere. Ho inciampato
raggiungendoti già svanito
oltre l’orlo della collina, le morte bocche dei soldati
sotto di me che sussurravano
il segreto delle radici ai papaveri.

Ti ho rincorso,
credendo al fiume quando scambiava
i nostri riflessi con un'alzata di spalle,
attraverso la luce del sole con raggi di cardo.

Ora ho imparato,
una volta che una nuvola si schianta, il blu
si precipita a recuperare la spaccatura.
Il cielo è solo una voce di cose perdute.

Ovunque io guardi, la tua ombra
sta ancora scomparendo all’orizzonte.
E io sto ancora
correndo verso di te
con le braccia tese.
Sto correndo
all’indietro
sempre, mamma.

niko ne piše kući

Nešto se stalno slama na nebu iznad nas.
Pokušavam se sjetiti
svitaca u tvojim sklopljenim rukama.
Kasni august. Na našoj koži ljeto
nije znalo kako odustati.
Okliznula sam se trčeći za tobom
već zamaklom sa druge strane brda,
gdje mrtva usta vojnika
makovima šapuću tajne korijenja.

Trčala sam,
vjerujući rijeci kad bi slegnuvši
talasima zamijenila naše odraze,

Sad znam,
čim se oblak prelomi,
nahrupi plavet da ispuni prazninu—
nebo je tek glasina o svemu što smo izgubili.

Gdje god da pogledam,
tvoja sjena još nestaje za horizontom.
I ja još trčim
prema tebi, širom
otvorenih ruku.
Trčim unazad
uvijek, mama.

Traduzioni di Roberto Binetti and Adele Bardazzi

About the Author

Selma Asotić

Selma Asotić è una poetessa bosniaca e bilingue. Sue poesie e saggi sono apparsi su importanti riviste di lingua inglese. È stata finalista per il Brett Elizabeth Jenkins Poetry Prize 2019. Ha anche ricevuto una nominazione “Pushcart” per la sua poesia "Nana" ed è stata nominata semifinalista per il 2021 e il 2022 “92Y Discovery Poetry Prize”. La sua raccolta di poesie di debutto "Reci vatra" è stata pubblicata in Bosnia-Erzegovina e Serbia nel 2022. Attualmente sta lavorando alla versione inglese del manoscritto. Ha conseguito una laurea MFA presso la Boston University e inizierà un programma di dottorato in letteratura comparata presso l'Università del Massachusetts Amherst nel 2023.